Vi eravate chiesti dove fossi finita? Stavo rimuginando su E. C’è sempre e solo E nella mia testa. Se tornasse, sarei pronta a fare tabula rasa di tutto il resto? Sarei pronta a lasciarmi tutto alle spalle, il modo in cui se n’è andato, come un ladro? Sarei pronta a fare qualsiasi cosa, invero, ma E non torna. D’altra parte io non sarei in grado di accoglierlo, non ho nemmeno cercato un’altra casa. Sto qui nella tana, il tugurio. Quando mio fratello e sua moglie hanno chiesto ospitalità, perché non si pagano un hotel, ho pensato. Se avessi una casa pulita e praticabile lo avrei pensato lo stesso: non sono generosa, i miei spazi sono miei. Perché non so più niente di E. Qualcuno mi dirà qualcosa, a un certo punto. Ma è un anno che me lo ripeto e non succede, sembra ingoiato da un buco nero che continua a risputarmi frammenti tipo uno scontrino superstite dalla stagione in cui li ammonticchiava. Incontro N, il barbone di quartiere, ed è il solito strazio: l’ultima volta non sono riuscita a evitare di piangermi addosso per strada. Lo aveva già fatto con C, di non rilasciare più segnali. È così: si rincantuccia da qualche parte e sparisce. Ma E mi amava, sono sicura. In nessuno vedo la sua capacità di scovarmi in ogni anfratto, radunata e compatta, cosa gli sarebbe costato riaffacciarsi. Non lo ha fatto per non illudermi, quando vuoi troncare e dall’altra parte la volontà è opposta, e non vacilla. Non voglio stare con nessuno, non sono pronta, vorrei solo fargli dispetto, vedi, sono andata a ravanare nel passato, di sicuro non posso morire di pena affatturando il telefono. Facciamo così, è tutto finito, non esiste più nessun E. Come procediamo? Che si fa? Sono tornata dal dottor S, giovedì. Avevo un mese e mezzo da recuperare. Gli ho detto tutto e male. Che B si è mostrato distante, a parte il bacio in macchina, tanto è vero che poi non si è fatto vivo per otto giorni, dopo i quali ha chiamato per dirmi del figlio, con gli accenti soliti emergenziali ma in realtà era successo il mese prima, e allora perché non mi aveva chiamato? Non se lo ricorda, confonde le date. Manipola, mistifica. Non so se voglio davvero stare con lui, quando non mi chiama per un po’ sono in down, ho riciclato il pathos dell’attesa di E col tenue minimo sconforto di quando non chiama B, che poi è T, diciamolo. Alla fine sono tornata a casa con D, ma non gliel’ho detto: voleva prendermi in stazione e per poco non si incrociavano, siamo andati a cena dopo lo scarico al portone dei bagagli di ogni trasloco che è il viaggio da giù, le cene con lui durano pochissimo, tranne quella in cui su consiglio del dottor S gli ho chiesto del figlio, ma anche del figlio ha questa visione egoistica, è il suo unico affetto stabile, l’unica certezza, perché del resto a nessuno frega nulla, me in testa. Comunque, assente il figlio, ero ben comoda a casa sua, ampi spazi, libri, potevo stendermi sul divano o nel lettone grande. Lui l’ho mandato a dormire in quello del figlio, dice che ha sperato lo chiamassi nella notte, figurarsi. Ma è stato bello la mattina ritrovarci nel mio cioè nel suo, mi piaceva far colazione anche se non mi guarda, è sfuggente, se n’è andato col fratello in barca e io con T, da cui ero infastidita perché è come me, sta in un posto e vorrebbe subito andarsene in un altro.

Anche nel b&b sono stata bene, sto bene ovunque non sia casa mia, più o meno. Poi di nuovo litigi con B. Gli imputo di non interessarsi a me fuori dal letto come se non fosse lo stesso per me. Non riesco a provare attrazione per nessun altro. Mi piace stare con L, ma non lo bacerei per nessuna ragione al mondo. Anche con B era così, ma poi mi ha baciata lui e la sua lingua è diventata una droga. Mi ha detto che lo sa anche D che ci vediamo, lo stesso D che lo dileggia con me. Volevo scrivere una lettera a E, invece parlo d’altro. Non posso scrivergli perché è lui che se n’è andato. T ha detto che R gli s’è appesa al collo, ha fatto le scene. Voglio anch’io ridurmi così? Ma perché non ha mai più chiamato. C’è questa questione del provino, io penso che lui sia il più bravo di tutti, per quale motivo non dovrei segnalarlo. Al contempo penso che all’uomo che se n’è fuggito come un ladro, perché dovrei fargli sto bel favore. È una cosa di cui devo assolutamente parlare con lo psico. Ho litigato con A del b&b. Ho sfogato con lei la rabbia repressa, le ho rinfacciato che non sapesse l’italiano. Mi davano fastidio quei modi intriganti, adesso provo pietà. Provo pietà anche per B, ma mi innervosisce l’egolatria, l’aneddotica. Mi tocca in un modo che mi fa perdere il controllo, non ho mai scopato con nessuno come con lui, forse con F, ai tempi. Ho sentito dire alla ginecologa di TikTok che la donna non può avere un orgasmo vaginale, è sempre clitorideo. Mi accarezzava e mi sentivo tutta bagnata anche se non ho squirtato e non credo succederà più. Forse anche lui rimpiange il perento e nessuno dei due sa capire se al di là di quella frenesia di artigli ci sia altro. La ginecologa tridimensionale ha detto che le mie ovaie sono belle vispe o attive o non mi ricordo come le ha definite. Comunque per ora niente menopausa. Anche se il salto di un mese mi aveva terrorizzato ficcandomi d’imperio in questa nuova ottica di giovinezza oh giovinezza dove sei andata dove sei andata. Non ho provato nemmeno tutta questa felicità quando sono arrivate, anche perché era proprio la sera in cui dovevo vedere B. Chissà perché mi abbatto così tanto quando si stacca. Non voglio capire che è un maschio alfa – si dice ancora così? – la donna se la scopa e basta. Anzi, nemmeno: la donna deve spompinare. Ho sognato papà che mi toccava, ma non l’ho detto al dottor S perché volevo estorcergli qualcosa di pratico, concreto. Si è fissato con l’affetto, che dovrei chiederlo, parlarne, addirittura gli dovrei dire (a chi? A B, a B!) che mi sento ingannata, perché all’inizio era protettivo e poi questa parte qui si è del tutto sfranta. Ma è così, il maschio, alfa o omega che sia, si innamora, poi si stufa, non sa stare realmente con una donna, non sa interagire, non sa parlare, è tutto superficie, fatterelli, frattali. Solo al bar sono riuscita a fermarlo, volevo che rispondesse alle domande, non che perpetuasse a oltranza le sempiterne trame. L’adolescente bullizzato, la sorella bulimica, non me ne importa niente, o meglio non sono i veri problemi. Un anno fa era lì a plagiare Paolo Conte (libertà e perline colorate?) ora è un po’ meno lì che fa inviti e poi li ritira come la sera da C, è evidente che non è a suo agio con me, solo a letto e nemmeno, perché vuole fare sempre altro, se mi sta toccando comincia a penetrarmi, se mi penetra vuole che lo lecchi, se lo lecco vuole il culo (che non avrà). Non abbiamo un posto dove stare, finanche del cane ha detto: questa è casa sua. Il dottor S ha detto: incontrerà qualcun altro. Perché immagino la mia vita interrotta, il problema è che le strategie sono state provate tutte, E è diventato piccolissimo.

Ma continuo a sbagliare, sono troppo esposta, a portata di clic, voglio che sappia quanto sono stata fortunata, ad avere una storia con B. Non era scontato, come si fa a gareggiare con quella faccia, l’intelligenza, e l’estro metti di stoppare le crisi con un cenno sempre diverso, mai atteso, tipo scatto a molla, improvviso e irrefutabile. Ho spostato l’ottica senza accorgermene, ho puntato su quello che con E non riusciva, muovermi da sola, imparare a stare con gli altri come nella brutta canzone sulle buone maniere, fare sesso in modo più sozzo, scoprendomi disinibita non solo nei video coi filtri. Così sono venute fuori altre cose che non sono E e che possono attrarmi, ma E in blocco è sparito e tutte le cose che con E venivano benone non ci sono completamente. Cosa veniva benone? Il quotidiano e l’estremo. L’allarme, le canzoncine, mi chiamava senza una ragione Cina. Quando andavo in chiesa alle messe dei genitori morti pregavo il dio che E bestemmiava di farmi staccare da lui, perché ci stavamo castrando. Lui non recitava, io non avrei mai più potuto pensare a un figlio. Ma non era il momento, e non se ne andava. Poi lo ha fatto, in quel modo che non gli riesco a perdonare. Lo so che non ce n’erano altri, ma non è che se ammazzi uno per legittima difesa poi quello non è morto. Il dottor S dice che dopo un anno potremmo anche vederci. Non lo so, sarebbe uno choc. Dovrei riaprire una casa chiusa, le stanze abitate da: voce e ritornello di E per nove anni (applausi). È con B che ho capito quanto può essere insostenibile panchinare l’ego a bordo pista o sotto a un palco. Palchi piccoletti e miserevoli, ma comunque lui in platea, a spellarsi le mani, a tifare Giada, che si trattasse di teatro o di ospedale. Quanta cattiveria nella faccia quando doveva riportarmi a casa dopo il ricovero e gli chiedevo stizzita come non avesse pensato a prenotare un taxi. Non mi faceva nessuno sconto, pretendeva lucidità da una degenza a suon di sputi nel piatto. Giusto. Sono molto stanca e ho la testa sempre a mollo. Galleggio, non scatto. Devo cambiare atteggiamento, come dice la mental coach di TikTok. Messa a fare un lavoro di cui tutto ignorava e in cui nessuno le dava indicazioni, un giorno decide di buttarsi, fare come le sapesse, le cose, anche se ne sbagliava di ogni. Con E non era così. E poteva solo soccorrermi. L’errore è pensare di potergli piacere: se mi vedesse oggi penserebbe che non ho bisogno di lui, che ce l’ho fatta con l’inframince, andare a comperare i grossoni, il pesce, la frutta. Con D mi sono animata solo quando gli ho parlato dei tubi nel colon. Mi ha detto che gli piace legare le donne. Fa sesso con una che ha tre figli e dieci anni meno di me. Lui ne ha dieci di più ma si è innamorato come la prima volta. A, il pilota di jet privati, ha detto: non mi serve a niente l’esperienza che faccio in giro per il mondo se non la riporto a casa.