Ogni paese ha il mercato della sofferenza che si merita. In alcuni contesti per fare la vittima devi essere almeno un orfano portoricano, in altri basta aver pubblicato un romanzo che ha venduto meno del previsto e dare la colpa alle presentazioni. Una delle derive più emblematiche della letteratura contemporanea riguarda poi la spettacolarizzazione del disagio psichico, che da esperienza soggettiva e spesso inattingibile si trasforma in oggetto scenico e dispositivo narrativo: non basta soffrire, sembra dire l’orizzonte implicito di alcuni testi, è necessario saperlo esibire. 

Se un tempo, a torto o a ragione, si raccomandava di “scrivere di ciò che si conosce”, oggi la regola aurea sembra più paradossale e, per molti versi, più ricattatoria: “soffri per ciò che vuoi scrivere”. In Italia, il caso più recente e discusso è quello di Lo Sbilico di Alcide Pierantozzi (Einaudi, 2025), un memoir che polemizza con la forma-romanzo, lasciandosene però contagiare. Con un tono che ha insieme del cerebrale e del corporeo, del tecnico e del lirico, Pierantozzi tenta di restituire l’esperienza di un’identità lacerata dal bipolarismo, dalle allucinazioni, dalla dipendenza dagli psicofarmaci e dal peso quotidiano di una serie di diagnosi imperfette. Il romanzo è stato accolto perlopiù con entusiasmo – per esempio, Angela Bubba su «Studio» ha parlato di «un libro doloroso e potente» – ma ha suscitato anche reazioni ambigue o critiche. Su «Mowmag» Ottavio Cappellani lo ha definito «patetico» per una ricerca esagerata dell’immedesimazione che finirebbe per azzerare ogni distanza estetica; Matteo Marchesini ha parlato addirittura di «subdannunzianesimo». In casi come questo il rischio, in effetti, è che la sofferenza reale si converta in materia grezza da spettacolarizzare, e che l’urgenza dell’autenticità diventi un alibi per confondere l’esposizione con l’autocommiserazione.

La storia che racconta Andrew Boryga in Vittima, il suo sorprendente esordio narrativo, ora in Italia per 66thand2nd nella brillante traduzione di Violetta Bellocchio, sembra invece fatta apposta per disinnescare queste trappole. Boryga scrive

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