L’ERRORE DI BOBBIO, OGGI.
Nel 1955 arrivò in Cina la prima delegazione italiana invitata a visitare la Repubblica Popolare di Mao. C’erano, tra gli altri, Norberto Bobbio e Franco Fortini. In un reportage pubblicato due anni dopo, il critico marxista delinea un memorabile ritratto del filosofo del diritto, che per la sua somiglianza con il padre delle idee chiare e distinte ribattezza “Delle Carte”. Il Bobbio di Fortini è l’ultimo erede di una stirpe borghese intelligentissima ma ormai debole, che compensa l’energia spontanea degli avi illuministi con una coscienza guardinga, prudente, intimorita o imbarazzata davanti a qualunque segno di eccesso. Secondo il tipico schema della dialettica fortiniana, a questo Delle Carte, segretamente decadente proprio perché antidecadente in superficie, manca la capacità di giudicare l’Altro da Sé iuxta propria principia, cioè senza ricondurlo alla misura della modernità occidentale. Ma si può facilmente ribattere che anche “l’Altro da sé” del marxista è un frutto di questa modernità, e che Bobbio coltiva un’attenzione molto rara per ciò che nei suoi interlocutori rimane inassimilabile: la sua insistenza su un dialogo mite viene appunto da qui. Semmai, nella pratica, il limite di un tale dialogo sta nella cornice elitaria, astratta o clericale che si sceglie – quella che lo stesso Fortini denuncia a proposito di una discussione tra il filosofo e Palmiro Togliatti. Se utilizziamo la critica fortiniana per uno scopo che l’autore di Verifica dei poteri non avrebbe apprezzato, forse possiamo capire perché quel turismo intellettuale di settant’anni fa in “Asia Maggiore” ci riguarda ancora. Poco dopo il ritorno della delegazione, nell’aprile del 1956, la rivista «Il Ponte» pubblica una foto del viaggio in cui Piero Calamandrei, sulla lavagna di una fabbrica, scrive un messaggio di saluto a nome degli operai italiani per gli operai cinesi. Segue una polemica con Nicola Chiaromonte, che la considera un omaggio alla dittatura maoista, e che su «Tempo presente» la commenta così: «Falso il gesto, falsa la frase, falsa la situazione, falso l’uomo in quella situazione. Son cose che si fanno costretti e per artificio: non nell’“aria leggera della libertà”». Calamandrei ribatte che non si tratta di dare giudizi assoluti, ma di decidere se per i cinesi il nuovo regime sia o no un progresso rispetto ai precedenti. Più volte Bobbio ha ricordato questo incidente “in famiglia” (dove la famiglia è l’esile liberalsocialismo italiano), e lo ha fatto per dare ragione a Calamandrei. La sua non è indulgenza per un compagno d’avventura e per un amico morto troppo presto: è una solida convinzione, la stessa che lo ha indotto a classificare il suo atteggiamento verso i comunisti sotto il motto “né con né senza di loro”. Può sembrare una posizione più a sinistra di quella di Chiaromonte e del maestro Salvemini, che pur lodando la preparazione dei giovani quadri del Pci, nell’ultimo decennio di vita s’impegnò in una battaglia anticomunista molto netta, nonché del tutto conseguente al suo rifiuto dei dogmi. Può sembrare, certo; ma lo è davvero? Se le radici della sinistra affondano nel tentativo di emancipare le classi più deboli, dovremmo dubitarne. Mentre i comunisti attivi negli Stati liberaldemocratici hanno senz’altro contribuito a questa emancipazione, i comunisti che hanno monopolizzato l’intero potere statale hanno invece riservato a quelle classi un’oppressione senza limiti: ma allora, chi li sostiene anche dall’esterno merita tanta indulgenza? Non solo. Quando Bobbio insiste sul dialogo, pensa al dialogo tra élite in cui si mescolano questioni teoriche e prassi politica: tende, cioè, a configurare lo scenario di un placido convegno ai vertici tra ambasciate ideologico-culturali. Chiaromonte e Salvemini, viceversa, credevano che non potesse darsi dialogo senza un richiamo continuo a verità elementari quanto inaccettabili per i filo-sovietici o i filo-cinesi, e per i loro vari epigoni. Erano quindi più duri, più a destra? Erano d’accordo con i falchi americani? No davvero. Incarnavano invece l’alternativa possibile, benché non probabile, a una politica di potenza; e la incarnavano proprio perché non guardavano semplicemente alle stanze dei bottoni ma alla vita concreta di popoli privati di ogni libertà. L’errore di Bobbio è un tipico errore di clericalismo. È la “prudenza” che, malgrado le sue obiezioni da democratico, lo ha reso fin troppo ben accetto ai dirigenti comunisti e ai loro alleati dell’industria culturale italiana, ossia alle stesse forze che intanto hanno rimosso Salvemini e Chiaromonte. Certo, Bobbio è stato un chierico onesto, e di qualità eccezionale. Ma è (anche) agli errori dei migliori che va spesso ricondotta la prassi di coloro che migliori non sono. Il nicodemismo degli “indipendenti di sinistra”, magari ex azionisti, viene in parte da queste fonti. E scendendo per li rami, oggi alimenta un modo irreale, a volte cinico, di discutere della politica internazionale. Se negli anni Venti del ventunesimo secolo alcuni leader di sinistra, senza sollevare le proteste dei loro elettori, possono dire che non bisogna opporsi troppo alla Russia e alla Cina per non dare l’impressione di una lotta dei Paesi Ricchi contro i Paesi Poveri – come se i capi dei regimi di Russia e Cina coincidessero con i poveri popoli da loro sottoposti a un dominio senza controllo – è perché si è abituati alla realpolitik novecentesca. Il che spiega, tra l’altro, perché l’opinione pubblica cosiddetta progressista abbia potuto costituire la più affezionata platea dei lettori di «Limes», rivista basata sulla concezione reazionaria della geopolitica; o perché, ancora, le critiche ai massacri dei dittatori vengano lasciate cadere da quei leader in una subordinata, a cui segue di solito la principale che con i massacratori chiede il “dialogo”. Si finge che gli intransigenti somiglino al senatore McCarthy, e non agli innumerevoli dissidenti che hanno pagato con la vita in Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia, Urss, Cina, e poi di nuovo sempre in Russia e nei suoi Stati-satellite, nelle province di Pechino, in Venezuela, in Iran. Per questo le piazze occidentali non si riempiono quando si tratta dei dissidenti provenienti dagli Stati totalitari. Salvemini e Chiaromonte sono autori inediti.

LA RAGIONE DI BOBBIO, OGGI.
Si potrebbe dire che Bobbio ha esercitato in Italia la funzione che in Francia ha avuto il suo coetaneo Raymond Aron, ma solo in parte e con meno coraggio. Eppure, in un contesto come quello italiano, Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.Questo contenuto è visibile ai soli iscritti