Tra le frasi celebri che hanno a che vedere con il personaggio di Frank Owen Gehry ce ne è una particolarmente interessante. Alcune fonti la attribuiscono all’architetto, altre a Claes Oldenburg che su incarico dell’amico e progettista Gehry ebbe modo di ideare un ingresso a forma di binocolo per gli edifici per uffici della Chiat/Day a Venice. Si tratta dell’affermazione che l’unica differenza significativa tra un edificio e una scultura è che in quest’ultima non sono ubicati i servizi igienici.

Buona parte dei critici e dei commentatori di Gehry la hanno interpretata solo come una brillante boutade che genericamente descrive l’atteggiamento di Gehry consistente nell’ispirarsi liberamente alle forme di scultori a lui contemporanei come appunto Claes Oldenburg, Frank Stella o Donald Judd. Hanno meno approfondito, se non in termini moralistici, sulle conseguenze di questo approccio che insieme completa e corona un percorso che viene da lontano e, allo stesso tempo, mette a repentaglio lo statuto stesso dell’architettura. Pensare a un’architettura senza porte, senza finestre, senza tetto non è in effetti una novità. Negli anni cinquanta e negli anni sessanta alcuni architetti legati alle correnti informali ed espressioniste, si pensi per tutti a Friedrick Kiesler, lo avevano fatto. Ma, forse per una tecnologia edilizia ancora non particolarmente evoluta, gli edifici da loro pensati non avevano avuto seguito e, comunque, anche quando erano stati realizzati, non avevano avuto quel successo di pubblico e di stampa che li avrebbe trasformati in emblemi di un nuovo modo di intendere l’architettura. Eppure da sempre, almeno dal sorgere del Movimento Moderno in poi, l’idea che un edificio fosse un’opera d’arte non molto diversa da quelle di provenienza pittorica e scultorea aveva fatto ingresso nel modo della ricerca architettonica, trainata da un sempre maggiore bisogno di astrazione formale. Si pensi per tutte alle opere De Stijl, ma in generale all’intero fenomeno classificato come International Style. Frank Lloyd Wright, per esempio, si divertiva a prendere in giro Le Corbusier e le infiltrazioni d’acqua nelle sue case, notando che era bene non mettere mai all’aria aperta le opere d’arte. Battuta che gli si rivoltò contro non appena le infiltrazioni si manifestarono nella casa Johnson e in altre Usonian. Tutta la vertenza sui tetti piani o a falda ci racconta, inoltre, di una volontà dell’architettura moderna di diventare sempre più astratta e distaccata dalle vecchie regole dell’arte edilizia. Niente cornicioni e modanature, solo volumi puri, tetti giardino, finestre a nastro, pareti vetrate, tramezzi realizzati con piani di marmo o anche di ebano. E così la battaglia per le forme tradizionali della costruzione è stata, da Hitler e Stalin in poi, la bandiera di ogni movimento reazionario che rivendicava la funzionalità della costruzione contro la pretesa di trasformare in arte l’edilizia corrente o monumentale. L’architettura è architettura, sostengono infatti i reazionari, non può essere arte.

Questo contenuto è visibile ai soli iscritti

Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo.

Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.