Nel 1961 uno psicologo americano di nome Stanley Milgram condusse un esperimento che, per le sue conclusioni e le metodologie adottate, fece scalpore non solo in ambito accademico. Il suo intento era dimostrare fino a che punto un’autorità ampiamente riconosciuta possa convincere qualcuno più “in basso” a eseguire degli ordini, anche qualora questi vadano contro l’etica o la morale condivisa. Per farlo Milgram riprodusse in laboratorio una sorta di microsistema di potere il cui vertice era lui stesso. In una prima stanza sedevano il ricercatore e uno dei due soggetti previsti dall’esperimento. Quest’ultimo, detto “insegnante” aveva a disposizione un congegno che gli permetteva di dare scosse elettriche, d’intensità regolabile, a un secondo soggetto, detto “allievo”, che si trovava in una stanza adiacente, collegato a degli elettrodi. Al soggetto-allievo erano sottoposti dei test da risolvere. Ogni volta che questi commetteva un errore, Milgram esortava l’insegnante a punirlo con scosse di intensità sempre maggiore, fino a 330 volt. Più errori faceva, più la scossa doveva essere forte. Se l’insegnante esitava, lo scienziato insisteva affinché aumentasse il voltaggio, definendo il procedimento assolutamente necessario per il buon esito della ricerca, e continuava a farlo anche quando dalla stanza adiacente si sentiva il soggetto-allievo gridare, battere i pugni contro il muro o addirittura cessare di dare segni di vita.
In realtà nessuno si faceva male: la persona dall’altra parte del muro era un attore, le urla erano finte e il macchinario non mandava alcuna scossa. Il soggetto-insegnante insomma non sapeva di essere vittima di un inganno nonché l’unica vera cavia dell’esperimento.
Anche l’autore americano sembra interrogarsi sul potere coercitivo dell’autorità, ma rispetto a Milgram porta il ragionamento su un livello successivo e decisamente più inquietante: cosa succede quando l’autorità coinvolta è onnipotente e invisibile come Dio?
I risultati furono a dir poco scioccanti: dei quaranta insegnanti coinvolti da Milgram, furono in moltissimi a mandare la scossa da 330 volt semplicemente perché il ricercatore, dunque l’autorità, insisteva affinché lo facessero. L’esperimento, che attirò non poche polemiche, nacque da una riflessione dello stesso Milgram sul processo che proprio nel 1961 condannò a morte il nazista Adolf Eichmann. Lo psicologo voleva indagare sull’apparentemente irrazionale assunto secondo cui i nazisti si limitavano a “eseguire gli ordini”. Voleva capire se davvero l’autorità di Hitler e del partito bastasse a far passare un genocidio per un comando militare come un altro.
Ho ripensato a Milgram leggendo Il padre della menzogna di Brian Evenson, pubblicato in Italia da Nottetempo con la traduzione di Orso Tosco. Anche l’autore americano sembra interrogarsi sul potere coercitivo dell’autorità,
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