Bei tempi quando tra i vasti saloni delle dimore aristocratiche si poteva dire agli adolescenti inquieti: «Oh cristo, vai di là in biblioteca a scrivere un’egloga e non rompere i coglioni!». Io stesso, che per intrinseca cazzaraggine non sono mai riuscito a diventare il tipo del genitore arcigno, soffro di una certa invidia per personaggi come Monaldo Leopardi, che senza eccessivi patemi culturali spedivano il rampollo di dieci anni a tradurre Orazio sotto la supervisione di un abate. 

Perché mia figlia maggiore di anni ne ha dodici, e non sa leggere. 

Ond’io vivacemente me ne incazzo.

Poi non è che propriamente non sa leggere. La sciagurata non legge più come a otto-nove anni: fluida, intonata, le pause intelligenti, quelle che denotano piena comprensione dei ritmi interiori. Prima era capace, prima. Se mi chiedete un verbo per descrivere quello che fa adesso è: «zompare». 

Dunque mia figlia non legge, zompa. Che non è «surfa», è proprio zompa. Tu le dici Alessia, non ti vedo mai con un libro in mano, e lei sbuffa. Ricapitolando: sbuffa e zompa. Ma dove zompa? Sul web. Googla delle robe, zompa le pagine che escono fuori. Poi arriva e ti chiede: che vuol dire extraconiugale? che vuol dire stupro di gruppo? chi è Salvini? Sul telefono ha impostato il filtro per i contenuti ma il filtro non può impedirle di andare da una pagina x (attraverso chissà quali salti) a una pagina dove trova – come è successo oggi – un articolo di cronaca giudiziaria che la spinge ancora una volta dal padre per domandare: chi è Tiziana Cantone? Poi si scarica il testo della canzone di Mare fuori che vuole imparare a memoria e con adolescenziale bisogno di sapere ti chiude in un interrogatorio dove sei costretto a fare luce su cosa sia un «ferro» nel gergo della mala, chiarire perché «nu chilo ‘e fumo» non è una metafora per indicare qualcosa di nebuloso, o spiegare che i quaglioni in cortile che si fanno «n’ata striscia» non stanno disegnando un campo da calcio o pitturandosi la faccia.

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