Visitare l’ultima edizione della Biennale di Architettura di Venezia  mi ha fatto sentire inattuale solo perché sono ancora interessato allo spazio dell’architettura. Premetto che non uso il termine inattuale per posizionarmi lontano nel tempo, come un architetto ormai fuori dalle regole del presente, ma per definire una posizione culturale precisa. Essere inattuali rispetto al presente architettonico significa riconoscere nel patrimonio non solo edificato, ma anche progettuale e teorico – una risorsa viva, capace di orientare la ricerca in senso non conformista. L’architettura non è una semplice produzione di oggetti, ma un pensiero spaziale, storico e culturale che può e deve essere raccontato al pubblico dei non addetti ai lavori. In questo quadro, l’inattualità non è una regressione stilistica né un revival formalistico. È piuttosto una sospensione consapevole della corsa al nuovo, una resistenza alla logica dell’ultima tendenza, è un atto di cura verso il senso profondo dell’abitare. L’architetto inattuale è colui che si prende il tempo di pensare, che dialoga con la storia senza volerla ripetere, che recupera linguaggi e idee senza mitizzarli, per costruire una modernità più stratifi cata e responsabile. Ciò permette di riaprire il progetto a dimensioni non riducibili all’efficienza, all’innovazione e all’intelligenza delle macchine. 

L’edizione 2025 della Biennale, intitolata Intelligens. Natural. Artificial. Collective, a cura di Carlo Ratti, va invece in direzione di queste tendenze, anche se al suo interno troviamo progetti interessanti e controcorrente. A essere proposta è una riflessione articolata sulle forme dell’intelligenza — biologica, tecnologica, condivisa — come risposta alle urgenze del nostro tempo. In superficie, si tratta di un tema aperto e promettente. Ma, a un livello più profondo, la curatela propone una serie di luoghi comuni ideologici che dominano la narrazione architettonica contemporanea: la fiducia assoluta nella tecnica, il mito della connessione totale, l’idea che l’intelligenza coincida la capacità di calcolo, ottimizzazione, adattamento. Si percepisce, di conseguenza, una trascuratezza nei confronti della bellezza delle soluzioni, come se

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