Dopo l’11 settembre 2011 il chairman di Estée Lauder formulò la teoria secondo cui, in tempi di crisi, le donne tendono a comprare più rossetti. È il cosiddetto “Lipstick Index”, una teoria, peraltro sconfessata in ambito strettamente economico, usata per parlare della lodevole volontà di prendersi “cura di sé” attraverso una spesa più ragionevole e contenuta rispetto a quella necessaria all’acquisto di altri beni di lusso, o a quella di mantenere una qualche forma di normalità frivola anche nei momenti di difficoltà. Una forma di ottimismo che sostiene la domanda di merci e favorisce la ripresa – interpretazione coerente con la leggenda secondo cui Winston Churchill non aveva imposto il razionamento del rossetto durante la guerra al fine di “tenere alto il morale delle truppe”. In realtà, quello di cui parla questa teoria è la necessità per le donne di investire sul proprio capitale erotico come ultima forma di sussistenza disponibile in tempi di incertezza economica.
Non è un caso infatti se El planeta, film d’esordio di Amalia Ulman presentato nel 2021 al Sundance e disponibile da poche settimane su MUBI, si apre con la giovane protagonista Leonor (la stessa Ulman) che contratta una prestazione sessuale con un trasandato uomo sposato di mezza età. I due si incontrano per la prima volta in un bar di Gijón, nelle Asturie, dopo un presumibile primo contatto online. La conversazione è imbarazzata e frustrante: Leo si aspetta di vedersi corrispondere cinquecento euro, l’uomo le ride in faccia e le spiega che per un rapporto orale in zona se ne pagano circa una ventina. «C’è un libro che vorrei comprarmi che costa esattamente 19,90» commenta lei delusa, «mi chiedo se ne valga la pena». Fallita la strada della prostituzione si arrabatta in altri modi per racimolare denaro, ad esempio vendendo la sua macchina da cucire. Leo è un’aspirante fashion designer, tornata dalla scuola che frequenta a Londra per assistere la madre María (Ale Ulman, madre di Amalia anche nella realtà) dopo la morte del padre che le ha lasciate sommerse dai debiti: vendere la macchina da cucire significa rinunciare al suo sogno. Ma quando la compravendita avviene, in campo lungo in una strada trafficata, non lo sappiamo ancora.
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