Non ci sono foto che la ritraggono nel piccolo cimitero varesino di Velate, cinto da alberi secolari, all’ombra del Sacro Monte e nei pressi del relitto di una torre medievale di avvistamento. La tomba della scrittrice, morta trent’anni fa – era il 15 aprile del 1995 –, si nota subito: una cappella in stile razionalista e una scritta Art Nouveau sul bordo, vezzosa come lei: “Liala”. Non scorgo nessun cenno alla professione di una vita: la scrittura. Nessuna fotografia. Dentro e fuori dalla cappella bouquet di fiori finti, di una plastica colorata che, nel vaso esterno, tende a scolorire pian piano, bagnata dai tiepidi raggi del sole prealpino e di una pioggia che si fa abbondante in questa stagione. Getto uno sguardo intorno, dentro la cappella, sul marmo rosa si riflettono i raggi del sole che entrano dalle finestrelle quadrate. Rosa come non voleva che si chiamassero i suoi romanzi: “dentro non c’è il rosa, c’è la vita” diceva. Vedo qui allineate sotto la parola “Liala” le lettere che formano il suo nome, quello vero, da nobildonna: “N.D. Liana Cambiasi Negretti Odescalchi”.
Di antica e aristocratica famiglia, discendente degli Odescalchi, era nata il 31 marzo 1897, a Carate Lario da una maestra severa e da un farmacista morto anzitempo di polmonite, che l’aveva resa precocemente orfana, a nemmeno tre anni. E poi sopra di lei, nella cappella, anche il marito, sposato da diciassettenne, tenente di vascello della Regia Marina: Pompeo Cambiasi (1884 – 1958), e il suocero, Pompeo Cambiasi Senior. Sul lato destro della cappella è stata sepolta la tata di una vita: “Tilla”, Tarsilla Durante. Una di famiglia. Fa tenerezza saperla qui. Lei che chiamava Liala “la padrona” e cucinava torte e biscotti squisiti, secondo quanto mi rivela il poeta che mi accompagna in visita al sepolcro e che ha conosciuto le figlie della scrittrice, Silvio Raffo. Primavera e Serenella che, dopo la scomparsa della madre, hanno donato il suo archivio di lettere, quaderni con appunti manoscritti, fogli dattiloscritti, fotografie di famiglia e cartoline, elementi del mobilio del suo studio al Comune di Varese che ha creato un fondo a lei dedicato, grazie alla lungimirante passione di una curatrice importante, Serena Contini, che rivela: «Il fatto che le figlie di Liala, Primavera e Serenella, abbiano deciso di donare al Comune di Varese l’archivio della propria madre è nato da un rapporto umano e di fiducia, ne sono stata molto contenta. Se non ci fosse stata questa donazione, c’era il rischio che l’archivio andasse disperso. Primavera ha dedicato la sua vita alla mamma; ne era la segretaria».
La foto del comandante Gabriele d’Annunzio con il suo autografo e la celebre dedica a “Liala Cambiasi Negretti compagna d’ali e d’insolenza” era stata scritta al Vittoriale
Una fotografia, non della scrittrice, ma di Gabriele d’Annunzio, è appesa nella stanza dove vive e (fortunatamente) sopravvive il Fondo Liala a Villa Mirabello, uno scrigno all’interno dei Giardini Estensi di Varese. Non è più sulla scrivania di palissandro, dove scriveva Liala. La cornice era stata ricavata da un’elica, ma non si tratta, come si potrebbe pensare, del relitto di un idrovolante incidentato, ma «di un apparecchio mandato a riposo perché aveva troppe ore di volo», scrive Liala in Diario vagabondo, libro ormai quasi introvabile, pubblicato da Sonzogno nel 1977. La foto del comandante Gabriele d’Annunzio con il suo autografo e la celebre dedica a «Liala Cambiasi Negretti compagna d’ali e d’insolenza» era stata scritta al Vittoriale un remoto venerdì 13 febbraio 1931. Liana Cambiasi Negretti, da quel giorno, sarebbe diventata la Liala per definizione. Era andata a trovare il comandante d’Annunzio con l’amico Arnoldo Mondadori. «Ero giovanissima, avevo scritto SIGNORSÌ per tornare in un ambiente che mi avvicinava al mio grande amore perduto, l’ambiente aviatorio. Non avevo ancora pensato a quale pseudonimo usare per il mio romanzo ed ero ancora incerta fra l’usare il mio vero nome o inventarne un altro. Comunque a Mondadori dissi che sì, che sarei andata al Vittoriale, che avrei conosciuto volentieri d’Annunzio». Mondadori aveva parlato a d’Annunzio Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.Questo contenuto è visibile ai soli iscritti