Gli storici sanno bene come gli Oasis siano il mio gruppo preferito fin dall’adolescenza. Va però ricordato che sono uno che viene dalla campagna e nella musica cerca essenzialmente due cose: un sound avvolgente e delle melodie “bigger than life”, di quelle che non puoi saziarti ricreandotele in testa ma a cui devi tornare ogni volta, anche dopo una vita d’ascolti, come il mostro di Firenze torna agli Scopeti. Tre postille: a me interessa solo musica d’Oltremanica (non ascolto cazzate americane), non voglio cantanti donne e non prendo in considerazione i generi da sfigati: punk, metal, reggae, rap, hip-hop, trap, musiche da centri sociali, da rave, cazzate ipnotiche alla Radiohead.

Detto questo, Noel Gallagher è per me – insieme a Burt Bacharach e Francesco Bianconi – il più grande songwriter di sempre. Un forgiatore di immediati evergreen che ha avuto l’intuizione di ghermire lo stile di una band piena di limiti ma volenterosa come i Beatles e renderlo maestoso, magniloquente e un terzo aggettivo che non mi viene. Da Ob-La-Di Ob-La-Da Don’t Look Back in Anger, lo ammettono anche i fan dei Beatles, è un salto niente male. Ma a Noel è sempre venuto così naturale creare bellezza che sulla bellezza c’ha sempre camminato:

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