L’importanza di un articolo si misura anche dalla capacità di introdurre un tema nuovo, creare un dibattito, sorprendere e dividere i lettori. Guido Piovene, inviato di prestigio e scrittore raffinato, sosteneva che il segreto per essere buoni giornalisti culturali fosse… non essere troppo giornalisti. Da questo punto di vista, Pasolini era il (non) giornalista perfetto. I suoi articoli, in gergo redazionale, si definiscono, con una punta di sarcasmo, “lenzuolate” (per l’eccessiva lunghezza) o “articolesse” (perché contengono sentenze sulla vita e non fatti di cronaca). Eppure, furono un caso probabilmente irripetibile. Pasolini, dalle colonne del «Corriere della Sera», nella prima metà degli anni Settanta, fu la coscienza critica che mancava alla borghesia italiana. Ogni pezzo, un ceffone alle convenzioni: la fine di un millenario mondo contadino fondato su tradizioni, chiesa e dialetto; la trasformazione del sottoproletariato urbano in ceto dalle aspirazioni piccolo borghesi; l’omologazione totale ottenuta attraverso il consumismo, in grado di colonizzare la fantasia di un intero popolo; il tramonto del fascismo vecchio stile e l’alba di un nuovo totalitarismo all’apparenza tollerante e democratico; lo sfascio della classe dirigente collusa con la grande industria; il fallimento della contestazione, rivelatasi funzionale al capitalismo selvaggio; la riduzione della lingua italiana a puro strumento di comunicazione tecnica… E si potrebbe continuare. 

Queste tesi sono l’anima degli articoli raccolti da Pasolini per l’antologia d’autore intitolata Scritti corsari (Garzanti, maggio 1975). Il libro è diviso in due parti. La prima, gli Scritti corsari propriamente detti, comprende venticinque “pezzi”; sono gli interventi fondamentali. La seconda, Documenti e allegati, ne raccoglie ventuno; sono gli interventi complementari. Provengono dal «Corriere della Sera»quindici scritti corsari che coprono l’arco di tempo dal 7 gennaio 1973 al 18 febbraio 1975. Tra le altre testate, spiccano «Il Tempo» e «Il Mondo». Gli inediti sono solo tre: Febbraio 1975. Cani, nella sezione degli Scritti corsariSviluppo e progresso e Frammento nella sezione Documenti e allegati.

Il regista influenza lo scrittore. Pasolini inizia a pensare in termini di montaggio. In un film, è il montaggio a dare un senso al girato e questa idea agisce così a fondo da diventare un metodo di lavoro e una sentenza sulla vita

Non possiamo sapere quale sarebbe stato il punto d’approdo ideologico di Pasolini. Sappiamo invece con certezza che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, attraversa un momento di profonda trasformazione artistica, in parallelo con la scoperta del genocidio culturale. Il regista influenza lo scrittore. Pasolini inizia a pensare in termini di montaggio. In un film, è il montaggio a dare un senso al girato e questa idea agisce così a fondo da diventare un metodo di lavoro e una sentenza sulla vita. Non si dice sempre che il moribondo vede scorrere la propria vita davanti agli occhi? È il montaggio operato in morte a stabilire che uomini siamo stati o avremmo potuto essere. Nello stesso periodo, Pasolini ragiona su un tipo di libro diverso da quello tradizionale. Dovrà essere un insieme di appunti, dalla forma aperta e pronta ad accogliere materiali diversi, anche documenti e fotografie. Alcuni appunti saranno lavorati alla perfezione, altri lasciati allo stato di abbozzo. Gli appunti saranno datati per lasciare al lettore il senso della progressione. Ma gli appunti hanno pari valore, sono immagini staccate l’una dall’altra, e potrebbero essere montati in maniera diversa, a dispetto dell’esatta cronologia. Questa idea prende corpo con La Divina Mimesis, una parziale riscrittura dei primi Canti della Commedia dantesca. Iniziato nel 1963, sarà pubblicato nel 1975 da Einaudi. Pasolini diede il “visto, si stampi” quando mancavano solo pochi giorni al suo assassinio. Il primo frutto visibile ai lettori è Teorema (Garzanti, 1968). Il romanzo alla base dell’adattamento cinematografico è un insieme di frammenti, in prosa e in versi. Il film, inoltre, secondo il suo autore, segue un filo cronologico, ma non sarebbe da intendere, per così dire, alla lettera. È solo uno dei montaggi possibili. Queste idee troveranno pieno compimento soltanto in Petrolio, il ribollente romanzo al quale Pasolini stava lavorando quando fu ucciso all’Idroscalo di Ostia. Lo potremo leggere solo nel 1992, edito da Einaudi, diciassette anni dopo l’omicidio del poeta. 

Leggiamo i documenti che sviluppano questa idea di “opera totale”. Nella Divina Mimesis troviamo due note dell’autore e una finta nota dell’editore. Nota n. 1:

Il libro deve essere scritto a strati, ogni nuova stesura deve essere a forma di nota, datata in modo che il libro si presenti quasi come un diario. […] E poiché il libro sarà un misto di cose fatte e di cose da farsi – di pagine rifinite e di pagine in abbozzo, o solo intenzionali – la sua topografia temporale sarà completa: avrà insieme la forma magmatica e la forma progressiva della realtà (che non cancella nulla, che fa coesistere il passato con il presente ecc.).

1° novembre 1964

Ed ecco la Nota n. 2:

Ultimo libro scritto in un italiano non nazionale, l’italiano che serba viventi e allineate in una reale contemporaneità tutte le stratificazioni diacroniche della sua storia. L’Italia ormai parla e scrive una lingua nazionale come lingua franca degli scambi commerciali e della seconda industrializzazione. Una lingua, dunque, pratica e comunicativa a discapito della espressività.

17 novembre 1964

L’opera comprende una sezione iconografica, l’estratto di una recensione della Letteratura italiana Otto-Novecento (Sansoni, 1974) di Gianfranco Contini, maestro di Pasolini. Poi ci sono stralci di una intervista radiofonica.

La finta nota dell’editore, datata “1966 o 1967”, sottolinea: il titolo era destinato a cambiare, gli appunti più brevi non hanno data e sono stati reperiti fuori dal dattiloscritto principale in cassetti diversi da quello dove il “corpo” principale era conservato o tra le pagine di libri cominciati e non finiti. Un blocchetto è stato trovato nella borsa interna di uno sportello della macchina. Un biglietto a quadretti era addosso al cadavere dell’autore ucciso a colpi di bastone (terribile presagio) sulla spiaggia di Palermo, un anno prima della pubblicazione.

Alberto Moravia

Petrolio offre più di uno spunto. C’è una lettera ad Alberto Moravia, probabilmente mai spedita. Pasolini ribadisce lo stile dell’opera:

Lingua della saggistica, dell’articolo giornalistico, delle recensioni e delle lettere private o anche della poesia. Rari i passi che si possono definire narrativi. 

Pasolini scrive di essersi rivolto direttamente al lettore. Non è un narratore generico o onnisciente quello che dice “io”. È Pasolini in carne e ossa.

C’è poi un appunto non datato che, a seconda delle edizioni, apre o chiude il volume:

Tutto Petrolio (dalla seconda stesura) dovrà presentarsi sotto forma di edizione critica di un testo inedito (considerato opera monumentale, un Satyricon moderno).

Nell’opera di ricostruzione bisogna tenere conto dell’apporto di altri materiali: lettere di amici dell’autore, citazioni, canzonette, illustrazioni (incluse quelle di pugno dell’autore), reportage di rotocalchi, testimonianze “orali” registrate, interviste di altri personaggi o testimoni, documentari cinematografici rari. La successione degli appunti è un arbitrio del narratore, anche perché non sempre è possibile distinguere la realtà dal sogno, il documento storico dalla finzione; e sono numerose le digressioni che si presentano come frammenti narrativi perfettamente conclusi: resta da stabilire quale nesso intrattengano con Petrolio e con quale parte del magmatico romanzo. Il lettore può dunque “montare” diversamente i vari appunti, da trattarsi come i fotogrammi di una pellicola. 

La parola “corsari” merita attenzione. Senza dubbio allude al “gettare il corpo nella lotta” tipico di Pasolini. In molti articoli, lo scrittore afferma di vivere sulla propria pelle la rivoluzione antropologica degli italiani

Anche gli Scritti corsari hanno una nota introduttiva. Pasolini esordisce spiegando che

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