Il breve racconto Un concerto fu pubblicato da Giorgio Bassani nella raccolta Una città di pianura, stampata a proprie spese nel 1940 col nome fittizio di Giacomo Marchi (il cognome della nonna cattolica Emma) a causa della legislazione antiebraica all’epoca vigente. Un concerto descrive la serata trascorsa dal protagonista, la voce narrante, presso la casa di Claudio, amico dell’università e adesso avvocato dalla solida posizione, e di sua moglie Elena, definita all’inizio del racconto «donna stupida» e «degna di essere vecchia», la cui bellezza, seppure innegabile, provoca nel narratore «un senso di disagio e noia». L’ambientazione claustrofobica e sgradevole («un salottino odioso») in cui si sviluppa la trama riflette il senso di incomunicabilità tra i quattro personaggi: la coppia formata da Claudio ed Elena, l’io narrante, e Dora, donna amata in gioventù, assente oggetto dei suoi ricordi. A un certo punto, la conversazione langue e il narratore già cerca una qualche scusa per andarsene, quando vede «emergere dalla penombra, verso l’angolo remoto della stanza […] un nero pianoforte a coda». La sola presenza dello strumento segna un cambiamento repentino nello stato d’animo del narratore: «Quella presenza insospettata mi colpì. Tra mobili chiari e nudi, il pianoforte risolveva un ritmo, riempiva una pausa». Improvvisamente Elena, come consapevole della piega negativa che aveva preso la serata, si alza dalla sua poltrona e si avvicina allo strumento, poggiandovi sopra una mano. 

Il matrimonio tra Claudio ed Elena era stato celebrato quattro anni prima, ma la coppia era già in crisi e i goffi gesti pubblici del marito per apparire un uomo soddisfatto ed evitare “chiacchiere” lo esponevano invece proprio ai commenti ironici e impietositi di amici e conoscenti. Adesso che Elena era incinta, poi, quel muro di incomprensione sembrava essere diventato invalicabile. La donna, una giovane ebrea sradicata dalla sua comunità e a disagio nella società borghese in cui si era ritrovata a vivere da sposata, si trincerava dietro «un silenzio di impossibilità ad esprimersi», e tuttavia l’io narrante scopre di riuscire a comprenderla meglio del marito e di chiunque altro, poiché «ora, in quella casa, accanto allo strumento, la donna si rivelava a me solo in tutto il suo fascino». Con sfrontatezza, il narratore chiede infine a Elena di suonare; lei accetta, con un qualche disagio, e sceglie di eseguire, tra le varie partiture, il Capriccio BWV 992 di Bach, composto nel 1704 sopra la lontananza del fratello dilettissimo

Bassani si produce in una sorta di ecfrasi, ma su una partitura musicale invece che su un’opera d’arte, e la composizione bachiana diventa la guida dell’attività introspettiva dello scrittore

In questo momento, nella storia si produce uno scarto inaspettato: il concerto, di cui si annuncia la presenza sin dal titolo, trova rappresentazione non nella musica ma nella storia narrata, questa volta in terza persona, di un fratello di Bach,

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