In un contesto che vede gli scrittori ergersi sempre più spesso a predicatori – specie dai pulpiti dei loro profili social –, è con piacevole sorpresa che si legge la Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione, un vero e proprio manifesto di estetica, più vicino alle posizioni di Milan Kundera nell’Arte del romanzo o di Walter Siti in Contro l’impegno che all’attuale, dilagante tendenza a confondere discorso letterario e discorso morale. 

Nel rivolgersi principalmente ai futuri sacerdoti, papa Francesco prescrive la lettura come rimedio alla facilità e superficialità di giudizio, come iniziazione a un’etica dell’ascolto aperta alla logica della complessità: «Lo sguardo della letteratura forma il lettore al decentramento, al senso del limite, alla rinuncia al dominio, cognitivo e critico, sull’esperienza, insegnandogli una povertà che è fonte di straordinaria ricchezza. Nel riconoscere l’inutilità e forse pure l’impossibilità di ridurre il mistero del mondo e dell’essere umano ad una antinomica polarità di vero/falso o giusto/ingiusto, il lettore accoglie il dovere del giudizio non come strumento di dominio ma come spinta verso un ascolto incessante e come disponibilità a mettersi in gioco». Mentre la cultura laica e progressista sembra oggi sempre più incline al manicheismo e alle scomuniche, il più alto rappresentante della chiesa cattolica, istituzione tradizionalmente assimilata a forme retrive di chiusura mentale, propone di guardare alla specificità irriducibile del fenomeno letterario: uno spazio simbolico in cui i principi morali che regolano la vita collettiva o individuale possono essere messi alla prova, ridiscussi, sovvertiti, ridisegnati.   

Molti, se non tutti, fra coloro che lavorano in ambito letterario obietteranno: “Ma come?! Anche noi pensiamo che la letteratura sia specchio delle ambivalenze umane e maestra di complessità!”. In verità, come sa chiunque abbia un po’ di dimestichezza con quel mondo, gran parte degli scrittori, dei critici e degli editori opera per fomentare le aspettative di lettori sempre più bramosi di storie edificanti, spesso prese in prestito da una realtà già scritta prima di essere messa sulla carta: una realtà prevedibile, scontata nei suoi drammi e nelle loro, in genere, felici risoluzioni.  

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Jorge Luis Borges © Sophie Bassouls / Getty Images

Papa Francesco nega invece esplicitamente il valore di qualsiasi proposito edificante applicato alla letteratura: «il lettore non è il destinatario di un messaggio edificante, ma è una persona

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