Quasi cinque anni ci separano dalla pandemia. A me pare uno scherzo. Se penso alla mia vita mi sembra non sia accaduto nulla. La mia traiettoria ha inanellato tutte le esperienze – lavori, case, amori, malattie, morti – che ha fatto la gente della mia età, del mio genere, della mia estrazione sociale. Se penso ai fatti del mondo accumulo elenchi di eventi, ma ho vissuto senza accorgermene.
L’ultima volta mi ha risvegliato la pubblicazione, a distanza di dieci anni, di Farla finita con Eddy Bellegueule di Édouard Louis, nella nuova traduzione di Annalisa Romani per La nave di Teseo. Era uno scrittore giovane, che in virtù di questa gioventù usava la vita contro la letteratura, e lo è rimasto: Louis sembra impermeabile al tempo e il tempo sembra impermeabile a Louis, ma il libro è ristampato in un mondo diverso.
Eddy Bellegueule è la storia di un ragazzo omosessuale che vive a Hallencourt, provincia francese. Una società omofoba e razzista pronuncia un verdetto su questa esistenza, genera la fuga, l’atto di salvarsi dalla miseria attraverso lo studio, l’abolizione di sé tramite il cambio di nome. Eddy Bellegueule figura nella tradizione francese dei libri scritti da transfughi di classe, come Annie Ernaux e Didier Eribon, con i quali condivide un’idea dello scrivere come arte marziale.
Qui la miseria è misera, lo schifo, schifo, il fango, fango: un basso continuo di violenza, omofobia, sputi, remissività, alcolismo, bruttura. Nessun personaggio è capace di essere anche altro
La storia degli ultimi come “sale della terra” non esiste più, si è consumata per sopraggiunti meriti di anzianità; così l’epica di chi, destinato a perdere, riesce a perdere in piedi, senza tremare. Bravi ragazzi nei brutti quartieri? Non pervenuti. Louis non ha il dono della verticalità, né lo cerca, non è Dostoevskij. Qui la miseria è misera, lo schifo, schifo, il fango, fango: un basso continuo di violenza, omofobia, sputi, remissività, alcolismo, bruttura. Nessun personaggio è capace di essere anche altro. Louis saprebbe imitarla, una certa verticalità: verso la fine del romanzo commuove la figura del padre, rozzo, alcolizzato, razzista, imploso, povero in culo, che quando il figlio si guadagna le cattedre della borghesia, gli infila in mano una banconota da venti euro e gli intima di spenderli tutti. «Non voglio che tu sia diverso dagli altri» dice, ma Louis stempera, nello stesso giro sintattico gli fa attaccare una tirata razzista: devoto a un’idea assoluta di orizzontalità. Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.
Louis è solidale con quanti definisce dominati, ha imparato, con Bourdieu, che colui al quale viene negato il capitale economico, sociale, culturale è obbligato a volgersi al corpo, alla forza, per sopravvivere, che non si è soltanto vittima della violenza che si riceve, ma si è vittima anche della violenza che si compie. Ma Louis, il bambino picchiato, l’escluso, dice lo schifo subito, senza complicare inutilmente il quadro.
Non occorre che i dominati siano amabili Questo contenuto è visibile ai soli iscritti