Da decenni Clint Eastwood è un dogma intoccabile della cinefilia europea, specie italiana, e ogni suo film (anche quelli obiettivamente modesti, poco riusciti o imbarazzanti, che vanno da Fino a prova contraria a Cry Macho – Ritorno a casa, da Ore 15:17 attacco al treno a Il corriere – The Mule) è salutato come un capolavoro e inserito in un quadro cui aggiunge un dettaglio, una sfumatura inedita e necessaria. È sorprendente come, nel caso di Eastwood, la critica torni a essere contenutistica: di Eastwood in genere non si valorizza lo stile (che nei film della vecchiaia si standardizza), il lavoro sui generi (che all’inizio era rilevante: in un’epoca precedente la sua assunzione all’olimpo cinefilo, film come Lo straniero senza nome e L’uomo nel mirino erano autentici guilty pleasures) o la rilevanza socioculturale. A contare è semplicemente l’espressione di una visione del mondo, dove l’adesione ai valori americani, connotata in chiave a volte esplicitamente patriottica, a volte marcatamente individualista (un tempo si diceva addirittura “anarchica” – che è un controsenso madornale), viene corretta (e resa potabile, per i critici che si collocano a sinistra) da un’ambigua ammissione di colpevolezza, dalla consapevolezza della propria fallibilità e da un virile pessimismo di fondo. Il che è in parte vero, ma tende a eufemizzare le cose: perché l’individualismo punta alla misantropia antisociale; il pessimismo è brutalmente nichilista (ed è curiosa e sorprendente la laicità atea di Eastwood, che lo accosta a Woody Allen in un firmamento del cinema americano dove brillano i metafisici Scorsese e Spielberg); e l’ammissione della propria colpevolezza e fallibilità, pur assunta in prima persona quando Eastwood è anche interprete (Gli spietati, Un mondo perfetto, Gran Torino), si volge spesso in autoassoluzione relativistica.
Eastwood ha messo in scena senza tanti alibi il nocciolo di morte del patriottismo e la paranoia del maschilismo come unico mondo possibile
Non è un bel mondo, quello che ha raccontato Eastwood nella sua filmografia sterminata (la sua prima regia è del 1971!) e difficile Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.Questo contenuto è visibile ai soli iscritti