Non stupisce la venerazione per i maestri americani della generazione pre-anni Ottanta rimasti in attività. Pochissimi tra loro sono riusciti a mantenere nell’ultimo decennio una produzione continua e fitta: il settantacinquenne Spielberg, l’ottantenne Scorsese, il novantaduenne Eastwood. Dinosauri, abissalmente lontani dai prodotti audiovisivi che li circondano, li si venera come testimonianze della sopravvivenza del cinema, mentre ci ricordano spesso, con la loro presenza, la sua mutazione. I tentativi disperati di continuare a leggere il cinema in termini di autori (ossia, anzitutto, di centralità della messa in scena, di un senso che viene creato al momento delle riprese e del montaggio) proprio mentre si è ogni giorno più succubi, e i critici più degli altri, di un accecamento seriale e di un ragionare sulla base di psicologie, personaggi, svolte narrative.
La vecchiaia di Spielberg è singolare: negli anni Ottanta, mentre i suoi coetanei andavano a sbattere contro la fine della New Hollywood con catastrofi esemplari e talvolta sublimi (Un sogno lungo un giorno, Re per una notte, I cancelli del cielo) e dopo aver lui stesso naufragato con il folle 1941-Allarme a Hollywood, da regista e da produttore si inventava un nuovo cinema adolescenziale e iper-classico. È stato, in fondo, uno dei creatori del cinema a venire, ma adesso ne è ormai fuori: West Side Story è un film di commovente senilità rifiutato dal pubblico, e The Fabelmans, forse il suo primo lavoro esplicitamente autobiografico, è in America un film per pochi, anche se ha un’impaginazione classica, comunicativa, che sogna un pubblico.
In questo film Spielberg compie un doppio esorcismo: ci mostra le radici nere e ossessive della propria ispirazione e le avviluppa in un’impaginazione classica, di carrelli e montage quasi girasse come al tempo che racconta e non negli anni in cui ha effettivamente cominciato la sua carriera. Indica un rimosso e un trauma personali, ma in realtà è come se li usasse per coprire un altro rimosso, non biografico bensì ideologico e stilistico.
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