Forse è ora di scrivere una “Storia del pubblico informato” nell’Italia dal 1994 al 2020. Non una storia degli elettori: quella è fin troppo nota. Più interessante è il modo in cui si sono rimescolati i lettori di giornali, gli spettatori di tv e canali web, gli ascoltatori di podcast: ossia i cittadini che continuano a cercare modelli di galateo ideologico-stilistico coi quali affrontare la cronaca. Si tratta, va da sé, di gruppi sempre più ristretti, e sempre più separati dalla maggioranza degli italiani; eppure i loro movimenti aiutano non poco a capire come è cambiata la nostra società nell’epoca in cui politica e cultura si sono sciolte entrambe in comunicazione social, perdendo rispettivamente l’efficacia e la possibilità di dire il vero. Prendiamo il pubblico che per decenni, oltre al bisogno di ridere, ha affidato alla satira anche le sue rigide quanto vaghe certezze ideali. In un universo capillarmente mediatizzato, che non sembra più avere un “fuori” da cui poterlo giudicare, e che fa quindi apparire chi ci prova come un goffo Savonarola, non è sparito solo Daniele Luttazzi, ma perfino il milieu dandiniano, mentre Crozza si è bagaglinizzato (Savonarola poteva sopravvivere unicamente al patto di diventare un potente machiavellico: Beppe Grillo).

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