Qualche giorno fa è morto un ristoratore trevigiano a cui si deve, pare, l’invenzione del tiramisù; la notizia ha avuto una qualche risonanza nella stampa tedesca, così ho scoperto che il nome del dolce deriva dalla reazione di un cliente, il quale, dopo aver assaporato il dessert, lo avrebbe definito entusiasta un “tiramesù!”. 

Ecco, ho avuto la stessa medesima reazione dopo ogni capitolo di The eyes and the impossible, di Dave Eggers: finivo di leggere, chiudevo il libro ed ero felice. 

Ma non felice di un’allegria stupidotta tipo gin-tonic, macché, proprio felice di una leggerezza sana, che riempie e rasserena. Dopo ogni seduta di lettura alzavo gli occhi e mi si apriva un largo sorriso sul viso, ero tronfia come dopo un pranzo festivo, ma di meraviglia e di equilibrio. 

Quello che era appena successo in quelle pagine mi aveva lasciato un pieno di stupore, e poppoppò la macchinina che sono proseguiva revisionata nella sua giornata piena di schifezze e di casini e di cani malati. Praticamente il miracolo laico della narrativa.

Lo etichettano come un “libro per ragazzi”, Amazon dice “età di lettura da 8 anni” e secondo la critica letteraria Dave Eggers sarebbe uno scrittore per l’infanzia. 

Ora, io faccio fatica con le categorie, evidentemente quando al liceo cercavano di insegnarmi a dividere la letteratura per generi io o ero in bagno a fumare o disegnavo pesci volanti col tratto-pen sui quaderni del mio compagno di banco, il quale quasi sicuramente dormiva, in più sopporto a fatica che si parli di sesso nei libri, perché non lo sanno fare e quelle parole usate a casaccio mi irritano peggio del sale nel caffè, quindi insomma, con quella che viene etichettata come letteratura per ragazzi io ci vado a nozze. 

Soprattutto perché coi ragazzi non si scherza, non li si prende per il culo col carrozzone prezzolato dell’editoria, dove pessimi scribacchini vincono premi, ricevono recensioni esaltate o vengono invitati a bordo vasca a parlare dei loro libri e seducono

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