A Francesco De Rosa

I veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduto 
(Proust)

«Ne parlavamo tanto tanti anni fa/ di quanto è paranoica questa città/ della sua gente, delle sue manie/ due discoteche e centosei farmacie». Incipit memorabile, assoluto, uno dei più belli della canzone italiana di sempre (insieme a quello di Se mi lasci non vale: «La valigia sul letto è quella di un lungo viaggio»). E naturalmente è bello perché è vero. Pare che nella Pavia dei primi anni Novanta, quella in cui gli 883 ambientano Con un deca, le farmacie fossero effettivamente centosei. Sicuramente erano due le discoteche: il Docking e ovviamente il Celebrità – su cui dovremo tornare. 

Fatte le debite proporzioni, Max Pezzali è un po’ come Montale secondo Pietro Pancrazi: fisico e metafisico. Sempre fedele ai dati di realtà, e alle parole veramente pronunciate, ma al tempo stesso sempre pronto a fare di quei dati concreti e irrefutabili un emblema universale. Come Montale feticistico, contemplativo, adorante; come Montale attratto e insieme spaventato dalle donne (lo dicono i testi, non le biografie). Come Montale, infine, capace di guardarsi indietro, e riconsiderare la propria produzione. Se Hanno ucciso l’uomo ragno (l’album d’esordio degli 883, quello che ospitava Con un deca) è per così dire «il recto», la zona più originale e ispirata di quest’opera, il nuovo singolo Discoteche abbandonate, uscito lo scorso aprilepuò essere considerato una parte del «verso» che Max sta elaborando in questi anni; rilettura ironica e spesso nostalgica del proprio passato. Ma ancora una volta,

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