Sono seduta al bar con due cari amici. Lui si è sposato da poco e appare piuttosto felice, lei è appena uscita da un rapporto sentimentale doloroso e infelice che sembra averla derubata di tutte le sue energie. Ci offre da bere mentre la consoliamo e ci informa che ha deciso di sperimentare una riappropriazione del suo corpo, del suo tempo e della sua serenità attraverso la totale astinenza, una scelta che sembra lasciare interdetto il nostro amico.
«Ho deciso di non fare sesso per un po’ e vedere come sto»
«Come vuoi stare? Starai male. Forse non malissimo, ma sicuramente peggio»
«Non trovi che la nostra cultura sia ossessionata dal sesso?»
«Mangiati un gelato, vai a rubare, fai qualcosa, ma smettila con questi luoghi comuni da quattro soldi. Il problema non è che siamo ossessionati dal sesso, è che non stiamo calmi. Per riappropriarci del tempo e del corpo, come dici tu, bisognerebbe stare più calmi»
«E come si sta più calmi?»
«Facendo sesso».
La nostra amica sbuffa, infastidita. Gli dice che, come tutti gli uomini, è un porco semplificatore e che non tiene conto della complessità che il sesso porta con sé: l’impegno in termini di tempo, le insicurezze fisiche, l’impiego di energia, il lavoro di cura per non trattare l’altro come un fastfood, la fragilità dei sentimenti umani. Lui ride, finisce la sua birra e ci informa che il problema non è il tempo e nemmeno i sentimenti, no, il problema sono tutte queste pugnette. Se vuoi assecondare un impulso sessuale trovi il modo di farlo, a prescindere dalla situazione in cui ti trovi, se no ci saremmo estinti. Riprodursi non è fare sesso, gli risponde lei.
«Tu chiami sesso dei rapporti fisici in cui le donne non provano nessun tipo di piacere».
«E quindi?»
«E quindi quello non è sesso, è una forma di masturbazione attraverso il corpo delle donne»
«Questa conversazione è una forma di masturbazione. Vado a casa a fare sesso, ciao!»
Lei, offesa, rimprovera me perché non sto prendendo una posizione. Noi donne dovremmo sostenerci tra di noi, afferma, altrimenti non usciremo mai da questo schema maschio-centrico e patriarcale. Io, da parte mia, mi guardo con cura dallo schierarmi perché non sono pronta a mediare in un confronto impossibile su un tema che appartiene in larga parte al regno della soggettività. La mia solidarietà è
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