I gusti personali non si discutono, né in nessuna società, sia essa democratica o illiberale, sarebbe mai seriamente pensabile sporgere denuncia verso qualcuno che avesse pubblicamente espresso una preferenza o idiosincrasia, di tipo estetico o alimentare. Ma a settembre, a Tjumen’ – Siberia occidentale – una donna è stata fermata dalla polizia per aver tracciato con il gesso, in una via del centro della città, la scritta NET V***E, ossia «no alla v***a». La frase, univocamente decifrata dalle forze dell’ordine come «net vojne», cioè «no alla guerra», ha portato all’accusa e al processo della donna per «diffamazione delle Forze armate», reato applicabile a qualsiasi «azione volontaria incompatibile con le posizioni del ministero della Difesa che comprometta l’autorità e l’immagine dell’esercito russo». Chiamata a processo, la donna ha spiegato che i tre asterischi in nessun modo stavano a censurare l’espressione «net vojne», bensì la frase «net voble», ossia «no alla vobla», e che l’intenzione alla base del suo gesto non era di contestare l’esercito, bensì di manifestare la propria avversione per il Rutilus Caspicus, pesce d’acqua dolce che dal Mar Caspio risale alcuni fiumi della Russia. Non essendo stato possibile dimostrare il contrario, l’accusa è venuta meno e il pesce vobla si è trasformato in un meme social, eufemismo ironico per il termine «guerra», notoriamente ingiurioso se applicato a un altro eufemismo, quello di «operazione militare speciale» (special’naja voennaja operacija), il conflitto iniziato da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022.

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