Il “multiforme ingegno” di una fotografa autodidatta è ciò che ha dato origine al Middle MonFest, l’edizione “di mezzo” del MonFest, Biennale di Fotografia inaugurata lo scorso anno a Casale Monferrato. Al secondo piano del Castello dei Paleologi è stata infatti allestita la prima grande retrospettiva di Maria Vittoria Backhaus (1942), fotografa attiva dagli anni Sessanta a oggi. 

La mostra Maria Vittoria Backhaus – I miei racconti di fotografia oltre la moda, visitabile fino all’11 giugno e curata da Luciano Bobba e Angelo Ferrillo con la direzione artistica di Mariateresa Cerretelli, gioca tra le svariate produzioni della lunga carriera della Backhaus e, proponendo un massiccio numero di vintage e stampe di grande formato, realizza uno degli allestimenti più convincenti in cui ultimamente ci si possa imbattere.

Iniziando dal reportage di carattere sociale, fotografando la Milano delle fiere canine e delle Varesine, Backhaus rapidamente si è spostata nel vasto mondo della moda, diventando autrice di riferimento per le principali riviste di settore, da «Vogue» a «iO Donna» – per la quale realizza numerosi editoriali. L’inventiva caleidoscopica della Backhaus è stata in grado di formare un immaginario vivido, dentro la società ma non per questo assoggettato alle sue regole: si pensi al servizio per i tailleur femminili di Prada fatti indossare da una serie di modelle in un pullman usato normalmente per i viaggi che portavano le donne dall’Est europeo in Occidente

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