Polittico dell’infelicità
I.
Vivo in un quartiere
dove la gente
di notte
se può parlare,
urla
Abito in un condominio
dove di sopra
la ragazza intoppa
tramesta
non chiude i cassetti, li slancia e
il mobilio lo trrr trrr trascina
in diagonale: pare proprio
che vengano a planare, prima o dopo,
da pavimento a soffitto e coabitare
(l’ortopedia come alibi,
la rotazione due o tre volte al dì,
dopo i pasti)
gli immobili, come scrisse quella volta
la studentessa
e intendeva i divani (magari)
Nel mio comprensorio
il dentista adiacente
considera suo preciso diritto
(“venga di sotto, che regoliamo”)
intrattenere i pazienti
con voce da baritonale al falsetto emotivo
su argomenti quali la vittoria di Sinner
agli Open d’Australia
e quanto sono vessatori
i sistemi fiscali in Italia:
no, niente carie, più un posto
di transito tra una conversazione
e il trapanare (“questo non è un privé”, rivendicava,
e “scenda”, ribadiva,
“che regoliamo”).
Inoltre nel suo concetto di civiltà
s’asside in piena legittimità
la sveglia ai vicini bz bzzz dei macchinari:
le 7.50 di ogni fuckin’ mattina
included festivi
(mastica un po’ d’inglese, anche
se Sinnèr, lui, lo recensisce
in napoletano)
Nella cella che ho in testa
ci son tre cose:
la madre, la morte, l’amore e
quanto tempo avrei risparmiato
se non ci avessi così a lungo pen(s)ato,
diceva l’amico poeta
che inondò l’hotel di contumelie e palloncini
(è lunga da spiegare ed è uno hysteron proteron:
fidatevi)

II.
Il nostro fu
un matrimonio all’incontrario o un divorzio
tra sconosciuti:
andavamo nel tempo a capriccio
in spregio alle proporzioni abituali
e, a proposito di misure,
una volta col righello gli stimavo il cazzo
mentre protestava (o forse lo brandiva
a mo’ di spada
attestato di normo-dot-azione, sbàm)
quando è molto caldo,
l’aria,
conviene non abusarne
innaffiare innaffiare innaffiare
almeno due litri a scanso di secchezza e
gocce,
riempirti a fiotti
vorrei, in generale
ma la pienezza è presbiopia del coito
da vicino e
quest’anno ho imparato a squirtare
III.
Ha scelto il turno di notte per assistere di giorno la madre malata.
Ma dormire, quando?
Al mattino quattro ore,
due di pomeriggio.
La notte guida: ogni notte,
tutte-le-notti
tranne una a settimana
(le calze a maglie larghe, le cover, quattro like)

Gilda Policastro gilda.policastro@gmail.com 11:50 (33 minuti fa)
So cose che ignorate voi alieni
del mondo
tipo
come essere trapassati con un tubo spiedo
da parte a parte
Sono apatica
la vita non sono i sentimenti ma le facce
Mi rubavano
sul pianerottolo i prodotti
turisti del palazzo
scendevano in file a due tre aspettavo
pensando che forse avrei dovuto
ma aspettavo e poi non c’era più niente
eravamo in macchina senza stacchi
per effetto di solo montaggio
Riusciva ad alzarsi in piedi come fosse treno o van
ma era macchina noi costipati dietro e diceva
un’aspirina ti do la vitamina faceva l’altro
e lui ribadiva aspirina e cercava dal mio lato
brusco
(devoto sottomesso adorante)
I bruti si aggiravano con le mani grandi nascoste tra fontanelle e campane
Dritto in fondo, dopo il terminal 1
conosco più ospedali che chiese musei teatri
(passando in navetta di notte
davanti a san Giovanni)
se vuoi far parte della mia vita - pensa l’io che non sa
a chi indirizzare il tu montaliano (e il t9 corregge: montalbano) -
devi farti trovare al terminal
senza preavviso
è solo quando sono molto stanca
che scrivo versi
come se l’andare a capo
fosse un sedativo blando
o, al contrario, l’estremo sforzo al decollo
quando le luci si sono abbassate
come poi all’ atterraggio ho pensato
alla morte come nelle poesie brutte
dove la metafora è espressa o
spiattellata con le parole che irritano
i romanzieri: clangore tonanti - e poi descrivono cieli e fiori
È finito il convegno hanno parlato tutti
a ogni viaggio ho amiche nuove segno
di un’altra stagione in cui gli sguardi
non si posano sulle gambe - che peraltro non scopro
ma sulle rughe e quanto sei
invecchiata penseranno
come di quella che a me ha detto
mi hanno preso per te ieri sera
quanto ti piacerebbe, ho pensato
e ho poi raccolto le frasi brutte:
Boccaccio in una pagina da brividi
Questo murales mi dice ti riguarda
S ha detto
pensa se uno si alzasse in piedi, nel quiora,
urlando tutti fuori
L’attore ha detto baràtro e
ci siamo interrogati mentre mangiavo
i gusci per sbaglio e S, l' altro, ha detto
che la morte dei migranti serve a dire è di loro,
non è di noi che si parla
Noi, quando
