Il 9 marzo, il giorno seguente l’8 marzo in cui viene festeggiata la festa della donna in molti posti del mondo, mi trovo nella piazza centrale di Città del Guatemala, la bellissima Plaza de la Constitución. Sono quasi due mesi che vivo in questa strana città. È mattina, e vedo due signori in ginocchio dentro a un cerchio fatto di vasi e foto. Mi avvicino. Stanno ballando, cantando e piangendo davanti a un fuoco. Sembra una specie di invocazione. Giro intorno a questo recinto simbolico e mi rendo finalmente conto che sotto ai fiori ci sono le foto di ragazze scomparse, alcune desaparecidas. Guardo quei due signori piangere, con l’aria di stare lì da molto tempo, e capisco un po’ di più il significato della disperazione.
Qui il tema dei desaparecidos è ovviamente molto sentito; la città è tappezzata di manifesti. Impossibile non scontrarsi con quella realtà vivendoci. Eppure, solo in quel momento mi rendo conto di provare un brivido davvero profondo. In qualche modo, mi sono umilmente unito alle loro preghiere.
Tornando a casa, un po’ scioccato, mi è venuto automatico fare il paragone con la cultura e le problematiche del luogo in cui sono nato. Un luogo in cui dibattiti raffinatissimi su qualsiasi questione sono all’ordine del giorno. So bene che fare paragoni non è sempre una buona idea. Ma in quel momento mi ha aiutato a capire quanto certe parole – giustizia, diritti, femminismo – finiscano per svuotarsi quando vengono usate troppo, o troppo lontano da rischi che qui sono platealmente più quotidiani, più violenti. Fare paragoni forse non serve a molto, però può aiutare a mettere le cose in prospettiva. E da questa prospettiva, qui le cose sono diverse. Forse le forme sono meno raffinate, ma il contenuto è sicuramente più sentito. C’è meno celebrazione, ma più rispetto.
Nella routine che abbiamo con la mia compagna c’è l’andare a studiare e a scrivere al Centro di Cultura Spagnola, a poche centinaia di metri dalla piazza. C’è una biblioteca, una sala espositiva, ma anche un piccolo cinema. Lì ho visto un bel film che mi sarebbe stato difficile reperire in Italia. Si chiama Delirio: un dramma dalle atmosfere horror che ruota attorno alla scomparsa – forse solo immaginaria – del marito di Elisa, e al lutto che affrontano lei e sua figlia nella casa dell’anziana nonna di quest’ultima.
Stando in Guatemala, ho capito perché un film come Emilia Pérez sia stato così contestato, soprattutto in America Latina
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