È stata prorogata a Ravenna, per i week-end dal 7 al 9 e dal 14 al 16 febbraio, negli spazi del Palazzo centro studi sulla voce Malagola, la mostra “Fino ai limiti dell’impossibile”, dedicata alla ricerca vocale di Demetrio Stratos dal 1970 al 1979, anno della sua morte. Stratos non ha bisogno di presentazioni, ma per i meno avvezzi lo ricordiamo come il cantante di origini greche dei Ribelli e soprattutto degli Area, la band jazz rock d’avanguardia che ha mosso le acque stantie della musica “giovane” degli anni Settanta da vari punti di vista, non solo musicali ma anche estetici, filosofici e politici, e da solista come una delle voci più fini e radicali della sua epoca: un performer capace di riprodurre difonie, trifonie (quindi due o tre suoni contemporaneamente) e flautofonie, ma anche di collaborare con giganti come il compositore di musica d’avanguardia John Cage ( aspetto sul quale si concentrava la prima manche di questa mostra svolta lo scorso anno, ovvero “Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo”). I materiali esposti sono pazzeschi (l’intero archivio è stato donato al Malagola dalla moglie e dalla figlia di Stratos), la forma scelta per l’esibizione è accogliente e illuminante, e su tutto ovviamente campeggia la bellezza sublime della voce di Stratos, ancora oggi faro nella notte in tempi di facili “autotune” e cantantucoli che pensano più alla propria immagine che alle corde vocali. Parliamo quindi dell’operazione con Ermanna Montanari (attrice, performer, scenografa, oltre che direttrice e fondatrice del centro) ed Enrico Pitozzi (vicedirettore del centro, docente e studioso), che hanno curato il tutto con estremo acume e trasporto.

Questa mostra di Stratos mi ha molto colpito per l’aspetto emozionale:

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