Ricordo il grande bacino
naturale dietro la spiaggia.
I miei cugini ci pescavano
cefali con canne improvvisate.
Il mio sguardo si muoveva invece
oltre i muretti di pietra,
dopo le dune a rischio,
verso la spiaggia accecata.
Non la vedevo; allora le acque
erano gelide e solo loro
esistevano nell’arsura.
Ma l’ora dell’immersione tardava.
Avrei dovuto dormire ma ero sveglio.
Puro desiderio di fuga, senza oggetto.

Mio nonno, ossuto,
scolpito nel legno,
un cappello di paglia in testa,
bruciava stoppie nel campo
riarso dietro casa. Il fumo nero
si levava nel cielo biancastro,
nell’aria satura di scirocco.
Avremmo mangiato alle dodici
in punto: noi cugini, gli zii, i miei genitori,
il nonno silenzioso a capotavola.
Dalla finestra spalancata
si vedeva brillare il bacino grande,
anticamera della spiaggia candente.

Dopo un pranzo soffocante,
tra la pietra leccese e il libeccio,
la camera ardente di un lontano
parente. Ero ubriaco: troppo
Primitivo o Negroamaro. Una
zia mi incenerì con lo sguardo.
Nella penombra, una sconosciuta
mi guardava con insistenza, o almeno
così mi sembrava, pensando alla matrona
di Efeso. Uscito da quella casa,
andai a fare il bagno con i cugini.
Mio padre era morto da qualche mese e
quell’estate afosa sembrava non dover finire mai.

Feroce, luce feroce delle cinque del pomeriggio,
Death in the Afternoon, la tauromachia che mi affascinava
da ragazzo, prima di capire che il mattatoio è dovunque.
Feroce, luce feroce delle cinque, che feriva gli occhi nei pomeriggi
solitari di scirocco a Porto Cesareo. Tutti dormivano ancora
nella canicola, in cubicoli ciechi, io camminavo accecato
verso lo scoglio accanto alla Torre, con il trampolino di cemento
sul mare. La luce feroce delle cinque dal mare colpiva le case
messicane dirute della vecchia spiaggia, incendiandole.
Feroce, luce feroce delle cinque, che non mi ha mai risvegliato
dal torpore, dalla rappresentazione feroce e torpida del mondo.

Quando sentirete le sirene degli allarmi
a cosa penserete? Al gatto in cantina,
alla collezione di monete brunite
dell’infanzia, ai fumetti impolverati,
al funerale casto di vostra madre?
Oggi potete intontirvi su Netflix,
imbastire dialoghi inutili e brancicanti
su Whatsapp, inondare Instagram
di foto raccapriccianti e balorde.
Siete felici, siete nel cuore dell’Impero.
Ma verrete disintegrati e il vostro pulviscolo
salirà al cielo per disperdersi nell’etere remoto.