G.S.: Vorrei cominciare, per questa conversazione, dalla prima pagina del tuo ultimo romanzo, Il vecchio al mare. Cominciare quindi da un anziano signore su una spiaggia ventosa, con borsone a tracolla e sedia pieghevole in spalla, che vede lampeggiare accanto a sé, mentre cammina sulla sabbia, una figurina dai contorni d’oro: non un corpo vero e proprio, ma una «presenza» che il vecchio prova a inseguire senza successo, guardandola filare «verso una giovane donna in compagnia di un ragazzino che forse raccoglieva conchiglie». E visto che non riesce a raggiungerla, il vecchio prova a fissare questa figurina nella scrittura: ««So esattamente che cos’è, e forse ne conosco il nome anche se ancora non ce l’ha».
Il racconto comincia così, ma subito sembra andare altrove. Quella «figurina» tornerà ancora quattro volte (se ho contato bene) nel corso del racconto, sempre per apparizioni brevi e improvvise; in rapporto non lineare ma misterioso con la trama vera e propria, che vede un vecchio scrittore trascorrere pigre giornate in una piccola località balneare. Il lettore intuisce però che quella figurina rimanda alla madre del protagonista (che somiglia alla Rusiné di Via Gemito); e che a quella madre a sua volta rinvia la giovane donna col bambino che raccoglie conchiglie: commessa di una boutique in cui il vecchio va spesso, perché ama vederla indossare vestiti per prova.
Insomma, questa figurina ne contiene altre. Ti va di dirci cos’è, e come (oscuramente) si chiama?
D.S.: Ti dico da dove sono partito. Sai quell’attimo in cui dal brusio che hai in testa arriva qualcosa che ti pare assolutamente tuo, e c’è una frazione di secondo in cui senti di avere la parola giusta, ma poi la parola si tira via e ciò che sembrava nominabile ti scappa? La figurina deriva da quella impressione di nome che svapora. Non è demenza senile, spero. Mi succedeva già da ragazzino, troppe cose mi restavano sulla punta della lingua, mi distraevo, finivo nella balbuzie. Ma crescendo, questa impressione di perdita s’è allargata ad altro, è diventata una paura di fondo:
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