Per un amante di Queneau e Perec tutta la storia della woke culture con le sue derive censorie non è altro che una gabbia entusiasmante con cui confrontarsi. Pertanto in questi giorni di polemica per la riscrittura di alcuni termini e passaggi «non inclusivi» o anche «offensivi» nei libri di Roald Dahl, vi propongo immediatamente un punto di vista combinatorio:

Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che di velociraptor era gremita.

I puristi della metrica diranno subito che l’ultimo verso dissesta l’endecasillabo, e lo so, ma guardate come movimenta tutta la faccenda. Noi contemporanei siamo più colti, più sensibili, più mainstream sia di Dahl sia di Dante, non si capisce perché non dovremmo riscriverli come ci pare e piace, tanto in casi come quello di Dante sono morti da secoli, in casi come quello di Dahl hanno eredi compiacenti. Propongo dunque di non limitarci a un rassegnato allineamento al nuovo “sentire” inclusivo, ma di prendere la gabbia come una sfida. Dante Avenger. Dante che accudisce velociraptor (non avrete mica creduto che volesse abbatterli, vero?). Dante che monta in groppa a Gerione (ma si può dire in groppa?) e sorvola le Malebolge come Aloy in Horizon Forbidden West, capolavoro assoluto dei videogiochi open world. Perché negare ai nostri autori preferiti la tristezza di un reboot? Dante Cinematic Universe, fase 2.

Prima proposta. Bisogna creare una nuova figura di editor: “l’inseritore di velociraptor”. Un professionista che si occupa di posizionare alla giusta altezza, dentro il romanzo che ha in cura, uno o più velociraptor. Guardate come ci guadagna la Commedia già solo alla prima terzina. Parafrasando Lacan, che diceva che «un film è buono se è metonimico», sostengo qui che un film o un libro sono buoni “se contengono un dinosauro” (e infatti in The tree of life di Terrence Malick c’è il dinosauro, ed è un capolavoro).

È stato osservato che un autore come Dahl, nato nel 1916, scrive per un orizzonte di lettori bianchi e benestanti. Ma che intendiamo per “orizzonte” di uno scrittore? Un target commerciale o il suo mondo interiore? Da quest’ultimo punto di vista quello di bianchi e benestanti è lo stesso orizzonte di Leonardo Colombati nel 2022, di Francesco Pacifico nel 2014, di Alessandro Piperno nel 2005. Penso che nessuno possa togliere a questi o ad altri scrittori dello stesso genere il diritto di scegliersi l’orizzonte che meglio credono. Il che ci porta alla seconda proposta.

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