C’è una bella fotografia che Sandra Milo pubblicò sul proprio profilo Instagram, in occasione della dipartita della sorella, Maia Greco. In questo scatto, familiare, la si apprezza accanto alla congiunta – scomparsa dopo lunga e debilitante malattia, trapassando nel sonno – adorna di lunghi capelli neri che catturano l’attenzione. Un’acconciatura importante, tanto che lì per lì si esita a riconoscerla nelle fattezze del viso, sovrastate, più che incorniciate, da questa massa scura, medusea. Le frasi di commiato alla sorella, sono firmate, in calce: Elena. Elena fu battezzata la futura Sandra Milo e come Elena pensava, evidentemente, a se stessa. All’anagrafe, per l’esattezza, venne registrata Liliana Elena Salvatrice Greco, in quel di Tunisi, l’11 marzo del 1933. In terra tunisina aveva visto la luce, per via delle vicende della linea paterna. Suo nonno, di sangue siracusano, era emigrato in Africa e anche il padre era nato e vissuto nell’allora protettorato francese, dove aveva conosciuto e sposato Marie, di ceppo toscano, che gli diede due figlie, Elena, la primogenita, e Maia. Nomi di ridondanza mitologica, corroborati da quella ulteriore suggestione del cognome, Greco. Né la madre né il padre (partito per la guerra d’Etiopia, quando Elena aveva tre anni, e che fu figura, quanto al resto, fantasmatica e assente) nutrivano interessi per il mondo antico. Elena le filtrò dal nome della madrina. Fatto sta che anche nel nom de plume Sandra Milo, tornerà fuori un riferimento colto, prezioso, all’Ellade, a quell’Afrodite di Milo stimata tra le opere più celebri della statuaria classica. “La Milo di Tivoli”, titolarono, infatti, un servizio fotografico sul mensile illustrato «Le Ore», che la ritraeva, tra le fontane di Tivoli, rivestita di tralci di vite, e lei, sagacemente se ne appropriò, unendolo al nome Sandra, che fondeva – parole sue – il dolce e l’aspro nel suono.

Ha un ruolo, Sandra Milo nello “Scapolo“, che si potrebbe definire “di rodaggio”, come parecchi di quelli che ebbe poi a interpretare fino alla fine degli anni Cinquanta

Si era già a un punto in cui il gineceo della famiglia Greco (le due sorelle, la madre e la nonna) aveva traslocato i propri quartieri in Italia, a Monsummano prima e a Vicopisano poi, presso Pisa: tempi grami per la fame e per la guerra ma l’adolescente Elena non tardava a manifestare i segni di quell’esuberanza che l’avrebbe contraddistinta sia nella vita sia nell’arte. Meno ci interessano, in questa sede, le peripezie che la portarono, quindicenne, a sposarsi con un nobile e a perdere il bimbo del quale era rimasta incinta (ma è un tocco di colore in tutti i sensi che fosse andata all’altare in azzurro, come segno di rispetto per la nonna che in quel mentre stava spirando). Aveva da tempo scoperto di essere bella, drappeggiandosi in un vestito che una zia, un giorno, le ricavò da un vecchio tendaggio. Tentò, a seguire, la carriera come modella, a Milano, senza trarne particolare soddisfazione, e di qui prese, quindi, la via per Roma. Per il cinema. Dove entrò non certo dalla porta di servizio, se è vero come è vero che il suo nome, definitivamente Sandra Milo, è il secondo ad apparire nei crediti iniziali dello Scapolo, dopo quello di Alberto Sordi. Girato dall’agosto del 1955, per la regia di Antonio Pietrangeli,

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