Il primo numero di Snaporaz, nuovo inserto culturale mensile del Secolo XIX, ha un filo conduttore: la fama. Essere famosi non ha più lo stesso significato di un tempo. Oggi può diventare famoso quasi chiunque. E, tramite i social, famosi lo si è ormai un po’ tutti. È un fenomeno di cui, a proposito di un saggio di Alessandro Lolli e di un libro di Alessandro Piperno, ci parlano Marcello Conti e Gianluigi Simonetti. Questo fenomeno ha radici novecentesche, nel mondo dei mass-media. Un mondo a suo tempo analizzato con brillantezza e acume da Neil Postman, autore che Claudio Giunta ci invita a riscoprire. Ma la questione della fama riecheggia anche nella disamina che Emiliano Morreale fa dei premi cinematografici, o nell’articolo che Matteo Marchesini consacra a Guido Morselli, grande scrittore di culto morto suicida senza aver pubblicato nulla, la cui fama è stata quindi solo postuma. 

Un inserto culturale degno del suo ruolo non dovrebbe lasciarsi troppo influenzare dalle glorie del momento, ma tentare di distinguere, senza pregiudizi, tra reputazioni più o meno meritate. A volte, per fortuna, i personaggi più famosi della cultura sono anche i più meritevoli. Arianna Marelli recensisce un testo che è l’incarnazione stessa di una giusta fama: il discorso di accettazione del premio Nobel della scrittrice coreana Han Kang. E Alessandra Castellazzi intervista la nota e notevole scrittrice americana Maggie Nelson. 
Ma, indipendentemente da ogni forma consolidata di notorietà, ogni altro articolo di Snaporaz, in questo come nei prossimi numeri, obbedirà alla stessa semplice logica: parlare solo di ciò di cui si pensa che valga davvero la pena parlare. Dall’ultimo premio Nobel per la letteratura all’autore non famoso di un saggio sulla fama. Magari cercando così di contribuire anche alle reputazioni di domani.