Come ogni martedì fino al 5 giugno, Gianluigi Rossini commenta per Snaporaz i singoli episodi dell’ultima stagione di Succession, la migliore serie TV degli ultimi dieci anni. 

Se state leggendo questo articolo probabilmente siete già stati sommersi da un fiume di post a social unificati su uno degli episodi più intensi della serialità televisiva contemporanea. Forse chi non segue Succession – dio abbia pietà della sua anima – non si è accorto di nulla, ma chi è dentro la bolla sa che di Connor’s Wedding hanno scritto tutti, perfino «Il Giornale». «Rivista Studio» è entrata nel dettaglio del problema degli spoiler, Guia Soncini (o l’intelligenza artificiale che scrive i suoi pezzi) si è lamentata di chi si lamenta degli spoiler. 

Tagliamo corto, quindi: Logan Roy è morto; tutti sapevamo che sarebbe successo perché è l’ultima stagione; nessuno si aspettava che sarebbe successo così presto. È stata una sorpresa anche nell’episodio stesso: erano in atto le solite macchinazioni, con Roman ricaduto nella rete paterna, Gerri e Cyd pugnalate alle spalle, la missione svedese in procinto di svolgersi, Connor abbandonato per l’ennesima volta nel giorno del suo matrimonio. Tutto nella norma, finché al quindicesimo minuto è arrivata una telefonata di Tom: fuori campo, senza cerimonie, Logan si è accasciato a terra ed è morto. Per lunghi minuti il regista Mark Mylod mantiene ostinatamente fuori campo il cadavere o lo fa intravedere sullo sfondo, per poi arrivare a un’inquadratura ad altezza terra che ne mostra la testa ma evita gli occhi. È una soluzione estremamente efficace, immediatamente comprensibile da chiunque abbia avuto esperienza della morte improvvisa di una persona cara, e ci costringe a condividere lo sconcerto e l’incredulità dei ragazzi. Come Roman, non riuscivo a credere che fosse successo davvero.

Ma non è solo un colpo di scena, è esattamente quel tipo di scelta coraggiosa che rende una serie più interessante di un’altra. Ora mancano ancora sette episodi e siamo in territorio sconosciuto, si rimescolano i rapporti di potere, si rinnova lo sguardo sui personaggi. È un gran rischio, perché il nuovo equilibrio potrebbe non funzionare, ma ci si prende la responsabilità di rispondere appieno alla domanda inscritta nel titolo stesso della serie. 

Nel modo in cui affronta la morte di Logan, inoltre, questo episodio riassume lo spirito profondo di Succession: dal punto di vista della messa in scena, ad esempio, quasi tutta la vicenda si svolge in due stanze, una dentro un aereo e una dentro una nave, collegate da un telefono. Come ha detto Mylod, la sequenza nella nave, dalla telefonata di Tom in poi, è stata girata con una ripresa unica continuativa di circa mezz’ora, usata quasi per intero nel montaggio finale. Si badi bene: non è un piano sequenza, è una performance ininterrotta ripresa in tempo reale da due telecamere, come si faceva negli anni Cinquanta con la televisione in diretta. La simulazione della realtà nel suo svolgersi, un’ossessione presente in tutta la serie, mostra qui tutta la propria forza. 

Dal punto di vista drammaturgico, poi, si affronta di petto il tema di fondo della serie, che per me può essere espresso così: come funziona l’amore (genitoriale, filiale, fraterno, coniugale) in una cultura in cui il valore primario è la razionalità dell’agire economico? Brian Cox ha detto più volte che l’amore per i figli è un problema per Logan, sarebbe un capo d’azienda migliore se non li amasse. I ragazzi sono degli incapaci anche perché esitano a prendere decisioni manageriali subito dopo aver saputo della morte del padre. Sia chiaro, non c’è nessun moralismo: Succession non vuole dimostrare che l’homo oeconomicus ha perso la capacità di amare, il punto è proprio come si articola l’affettività – di cui nessun essere umano può essere privo – in un mondo in cui tutti, in ogni circostanza, hanno come primo obiettivo il guadagno individuale.

Infine: lunga vita alla serialità a cadenza settimanale, così effimera e così potente. C’è un livello di impatto emotivo che questo episodio ha avuto su chi ha seguito la serie dall’inizio e con costanza che è semplicemente inaccessibile a chiunque altro. Se fate parte di questo ristretto club gioite, perché abbiamo avuto la fortuna di vivere appieno una rara manifestazione della magia del racconto.

Considerazioni sparse:

Il matrimonio di Connor, inevitabilmente finito sullo sfondo, è in realtà una miniera di idee, il cui vertice è forse il dialogo conclusivo con Willa: «Stai con me solo per i soldi?» le chiede finalmente. La risposta è un’iterazione perfetta del tema centrale di cui dicevo poco sopra. 

Sia lodata anche la capacità di Succession di dare profondità ai personaggi secondari. Kerry, che sorride incongruamente e compulsivamente per lo shock, subito soprannominata “chuckles the clown”: è un comportamento così stridente con il cliché dell’arrampicatrice sociale, e la rende molto più reale.

Si può dare profondità alla storia anche tramite i personaggi secondari. La madre di Willa è una “chicca” che aggiunge un livello ulteriore. Gliene frega forse qualcosa del matrimonio senza amore? Ma certo che no: la sua figlia sbandata, che perdeva tempo con il teatro e si manteneva facendo la prostituta, sposerà un uomo ricchissimo e mite su uno yacht gigantesco. È al settimo cielo, altroché!

Finora ogni episodio copre una giornata, per tre giornate consecutive. Inizia a sembrare una regola.

Quando un personaggio importante muore, si può facilmente farlo tornare con dei flashback. Ma in Succession non ci sono mai stati flashback, neanche uno. Inizieranno a usarli?