Tra le molte altre cose, Tommaso Labranca (1962-2016) era un infaticabile creatore e compilatore di riviste. L’ultima si chiamava «Tipografia Helvetica», l’ha fatta insieme a Luca Rossi, a Lugano, con l’aiuto di Julia e Milo Miler. Era di carta, molto raffinata, scritta per gran parte da lui: non era uno che delegasse troppo. Ne è uscita una decina di numeri, poi ha chiuso perché non vendeva quasi niente. Qualche anno prima, nel 2013 aveva provato a fare insieme ad alcuni amici una specie di rivista online su Milano intitolata «OssoBook». Nello stesso anno aveva messo insieme una cosa alla Kraus o alla Samuel Johnson, una webzine scritta tutta da lui. Si chiamava «Labrancoteque», è uscita per quattordici numeri di una ventina di pagine l’una. GOG Edizioni li ha pescati dalla rete e li ha pubblicati in volume.

Labranca è stato uno degli uomini più intelligenti della sua generazione, ha visto e saputo descrivere per primo, e se non per primo meglio degli altri, molte delle cose che oggi ci ossessionano nella vita sociale e nei media

Quelli di GOG Edizioni sono stati più bravi di me. In questi ultimi anni ho cercato anch’io di far ristampare un po’ delle cose di Labranca, dato che è quasi tutto introvabile. Pensavo a un’antologia, una specie di Meridiano Labranca, con dentro certamente Andy Warhol era un coattoNeoproletariatoIl piccolo isolazionista e Progetto Elvira, probabilmente Chaltron Hescon, forse Estasi del pecoreccio e Haiducii. In più una scelta di articoli usciti su rivista o in rete o in libri scritti da altri, per esempio la breve premessa al volume Star Trash, in cui Labranca definisce molto bene cos’è per lui il trash, e un numero intero, appunto, di «Labrancoteque». Ho scritto a molti editori, ho fatto presente che la spesa per i diritti non sarebbe davvero stata proibitiva, mi sono offerto di collaborare gratis; ho anche cercato di spiegare perché un prodotto del genere sarebbe stato culturalmente opportuno e, insieme, vendibile: Labranca è stato uno degli uomini più intelligenti della sua generazione, ha visto e saputo descrivere per primo, e se non per primo meglio degli altri, molte delle cose che oggi ci ossessionano nella vita sociale e nei media, ha saputo spiegare in modo acuto e divertente la sublimità della cultura pop, ha saputo prendere in giro le paturnie para-culturali del ceto medio riflessivo, ha visto e descritto in che modo tragicomico la merce abbia omogeneizzato il mondo («Labrancoteque», 8: «Vedere Meryl Streep in The Iron Lady che, travestita da vecchia Thatcher, rovista nell’armadietto dei medicinali e sposta lo stesso barattolino di Vicks Vaporub che abbiamo anche noi in casa dimostra quanto sia esperantista la quotidianità occidentale»)… La proposta interessava, sulle prime, ma con nessun editore sono riuscito ad andare oltre lo stadio dell’«eh sì, si potrebbe…». Va spesso in questo modo, nelle cose che riguardano i libri, ma non sono ancora abbastanza vecchio e blasé da non restare stupefatto di fronte alla facilità con cui in Italia si pubblica con squilli di fanfare immondizia vecchia e nuova e alla difficoltà con cui si riesce a ripubblicare o pubblicare libri di valore: e per lo più non si riesce. Più che di calcolo economico credo si tratti, specie se si pensa alle redazioni dei grandi editori, di incultura e mancanza di gusto, il gusto che consente di distinguere le cose buone dalle cose mediocri o pessime.

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