Qualche anno fa ho ucciso il mio ex. Su carta, naturalmente. Indulgendo a quell’impulso cui tutti prima o poi abbiamo ceduto, ho cercato di guarire una delusione d’amore attraverso la scrittura. Mi è bastato poco per sentirmi meglio e ho mollato lì. Se le rileggo adesso, quelle scarse pagine mi mettono ancora di buon umore, e in pancia mi sale il sollievo. Certo, era auto-aiuto, non alta letteratura.

Quel che di buono mi è rimasto, soprattutto, di quel tentativo è un’idea. Mi ero messa in testa, inventando un’indagine postuma, di capire il mio ex attraverso lo scrittore da cui lui e, con lui, i suoi coetanei erano discesi: Pier Vittorio Tondelli. Avevo la sensazione che, riflettendo su Tondelli, sarei riuscita a rintracciare qualcosa delle più o meno lontane radici – e da lì, cosa fosse andato storto. Pensieri solo abbozzati.

Mi sono tornati in mente ora che al Piccolo Teatro di Milano ho sentito dire a Licia Lanera che il palcoscenico su cui porta il proprio adattamento di Altri libertini – produzione Compagnia Licia Lanera, in coproduzione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro – è “casa sua”. Una casa delimitata dalla vecchia cyclette della nonna e da un tavolo messo assieme dall’ex fidanzato (sì, un altro; ma evidentemente il sentimentale si addice a Tondelli: non per niente ha riportato il Romanticismo negli appartamenti studenteschi e negli autogrill del contemporaneo). Ma soprattutto una casa fatta dalle frasi a rotta di collo di quei racconti, capaci subito di disegnare uno spazio sfacciatamente personale eppure riconoscibile – e infatti riconosciuto – come collettivo.

Lo spettacolo si apre con un lungo riff di basso. Lanera – regista, e qui in scena con Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva e Roberto Magnani – porta gli spettatori al 1980 della pubblicazione di Altri libertini (Feltrinelli). Non c’è solo la cronaca dell’Italia di allora, anche le biografie di coloro che stanno sul palco si misurano con la data: chi aveva due anni, chi stava nel pancione, e chi sarebbe venuto al mondo poco dopo. Quasi a collocarsi – ma dovrei dire collocarci, noi nati intorno all’80 – rispetto al libro, epocale in entrambi i sensi della parola.

Nel testo di sala Le miserie di una generazione (e verrebbe da chiedersi quale) Licia Lanera s’interroga: «Perché ho scelto Altri libertini? Ci doveva essere qualcosa che avesse a che fare con me, con la mia vita, con i miei quarant’anni, con le mie origini». Insomma, è proprio una questione personale.

E così si può iniziare davvero. Parte

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