La musica pop, la musica dei giovani, la musica indie: ambiti che formano un campo minato, nel quale il più delle volte “l’artista” di turno rimane senza le gambe, risucchiato dai cliché e dai meccanismi del mercato, davanti al quale spesso si genuflette. Fortunatamente però esistono delle eccezioni, che sperimentano linguaggi a loro spese, tentano nuove strade: che poi riescano nei propri obiettivi o no, questo è un discorso a lungo termine e non limitato alle visualizzazioni mensili. Esempio di questo modus operandi controcorrente è Tutti Fenomeni (all’anagrafe, Giorgio Quarzo Guarascio): giovane cantautore dal passato “trappettaro” che in un paio di album si è messo in gioco in senso diametralmente opposto a quello che ci si aspettava da lui. Roma è la cornice in cui si muove e nella quale i critici l’hanno spesso circoscritto: una forzatura in un periodo storico in cui nonostante i tanti confini fisici, quelli virtuali sono più aperti che mai. E in effetti, anche semplicemente per come mette in fila le parole, il nostro ha un interesse per la cultura a trecentosessanta gradi, che non si limita all’orticello “regionale” che fa tanto folklore. Ci facciamo una chiacchierata in un periodo per lui di “studio”, verso la realizzazione di un nuovo possibile album dalle ambizioni “salvifiche”.
Allora Giorgio, io partirei dal nome… perché Tutti Fenomeni? La prima volta che l’ho letto mi è venuta in mente la canzone di Piero Pelù, ma immagino non c’entri nulla…
Non c’è una risposta speciale o una genesi particolare della scelta del nome, ma a posteriori penso che si possa capire perché. Cioè, io posso capirlo, e solo io forse posso capirlo. E mio malgrado il nome t’influenza.
Sei un grande appassionato di letteratura, poesia e musica: da quando è iniziata la tua passione per tutto ciò? Da piccolo pensavi di prendere questo indirizzo? Sono strade che corrono parallele o le vedi come un tutt’uno?
Io non la chiamo passione, anzi la reputo una cosa normale e mi stupisco se gli altri non reputano normale amare la letteratura e la poesia. Credo che siano insomma delle cose che sono la base del bagaglio di una persona, quasi cose pratiche… cioè non sono cose meramente culturali o astratte, la cultura ha un valore pratico: quindi mi sento di essere normale, e il perché io tramuti questa inclinazione in canzoni o altro, questo non lo so… dovrei psicanalizzarmi meglio.
A questo proposito: tu non ti consideri un musicista vero e proprio, ti riconosci più in uno scrittore di testi? È per questo che hai iniziato con la trap o col soundcloud rap che dir si voglia?
Sì, purtroppo non sono ancora un musicista: mi piacerebbe studiare di più, ma insomma… se mi metti in un concerto senza i musicisti che mi supportano faccio una figura barbina, quindi devo ancora studiare molto. Amo la musica, nel senso che è quello cui dedico tempo, è ciò che amo. Quindi le passioni, come dicevamo prima: mi piace tanto la musica e la musica mi stimola altra musica. Per cui sì, mi reputo uno scrittore di testi ispirato dalla musica.
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