Arturo Zavattini (1930) aveva ventidue anni quando scoprì il Sud. E ci arrivò in veste di fotografo della spedizione etnografica di Ernesto De Martino a Tricarico, nel 1952. Arturo non sarebbe diventato un fotografo professionista, avrebbe iniziato invece a lavorare nel mondo del cinema come direttore della fotografia e operatore, assorbendo l’aria di questo ambiente già in casa, attraverso il prolifico lavoro del padre Cesare. Delle centinaia di immagini raccolte al Sud da Arturo in più occasioni tra il 1952 e il 1957 in varie località e regioni, moltissime sono rimaste ad oggi totalmente inedite. Postcart dedica una ricca pubblicazione a cinque reportage, Viaggio al Sud, con un importante saggio introduttivo di Francesco Faeta, noto antropologo, etnografo, fotografo a sua volta e amico di lunga data di Arturo.


Sul Sud Italia, specialmente quello del secondo dopoguerra, è stato detto di tutto, se non proprio tutto. È molto complicato, oggi, approcciarsi a questo argomento senza tener conto della quantità di suggestioni (fotografi che, cinematografi che, letterarie) che hanno avuto il tempo di sedimentarsi negli anni formando un vasto, e spesso univoco, immaginario. Nelle immagini del libro incontriamo quindi luoghi e persone con cui possiamo già avere una certa familiarità: gli ampi spazi tra le piccole case fatiscenti, il popolo della vita agraria e caldissima del Sud. Una dimensione in cui la separazione tra umani e fauna sembra quasi non esistere, in favore di un unico Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.Questo contenuto è visibile ai soli iscritti