In un articolo apparso sul sito online della «New York Review of Books», intitolato The Struggle Over Verdi, lo storico Larry Wolff coglieva l’occasione della messa in scena dell’opera La forza del destino nell’edizione 2022 del Festival Verdi di Parma per fare alcune riflessioni, paragonando il clima tempestoso dell’opera allo scenario politico dominato dall’imminente nomina (l’articolo precedeva di pochi giorni le elezioni del 25 settembre) di una presidente del Consiglio in pectore, rappresentante di un partito erede di una tradizione fascista ancora ambiguamente presente in simboli e atteggiamenti, che all’estero hanno destato sicuramente un certo stupore e più di qualche preoccupazione.

Nell’articolo, Giuseppe Verdi viene definito una figura della cultura italiana «contesa tra destra e sinistra»: durante il fascismo La forza del destino fu rappresentata spesso e la sua prima registrazione integrale a 78 giri avvenne nel 1941, nel quarantennale della morte del grande compositore, che si tenne proprio sotto gli auspici dello stesso Mussolini. La sinistra ha sempre apprezzato, per contro, l’anelito libertario fortemente presente in alcune delle maggiori opere verdiane, come MacbethDon Carlos o Nabucco, il cui Va’ pensiero, come sappiamo, è un vero e proprio inno nazionale alternativo. 

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