1. Prima di addentrarci in Mi limitavo ad amare te, di Rosella Postorino (Feltrinelli, 2023), fermiamoci un momento sulla soglia, dalle parti del cosiddetto “paratesto”. La copertina del libro ricorda da vicino quella di Le mani della madre, di Massimo Recalcati, uscito a sua volta per Feltrinelli, ma otto anni prima: 

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Stesso editore, diversa collana, diverso genere ovviamente (un romanzo per Postorino, un saggio per Recalcati); però identici colori – bianco e nero fortemente contrastati, addolciti entrambi da un tocco arancione – e soprattutto identico soggetto, ritratto nel medesimo modo: un volto infantile addormentato e piegato in diagonale, abbracciato da mani protettive. Lo schema si ripete, a distanza di pochi anni, perché si ripete il messaggio, rassicurante e di sicuro impatto: si parlerà di relazioni familiari intense, e lo si farà con la dovuta commozione, mobilitando sentimenti di protezione e cura. «Ho scritto questo libro perché volevo essere giusto con la madre», avverte la quarta di copertina del saggio di Recalcati; mentre la quarta di Postorino recita così: «Per caso sono stata testimone del suo dolore, ed è bastato a unirci».

Frase che non solo rima con la prossemica della foto in copertina (fragilità/unione), ma condensa lo spirito del romanzo, promettendo al lettore che il registro sarà quello della testimonianza, si attraverseranno molte sofferenze, ma alla fine ci si ritroverà uniti. E il titolo – terzo elemento paratestuale – suggerisce la medesima dialettica: da una parte un elemento di privazione – Mi limitavo – dall’altra un risarcimento emotivo: Amare te. (Così perfino il nome della protagonista del romanzo, Nada, che vuol dire “nulla” in spagnolo e “speranza” in bosniaco).

2.

Se parole-tema come Amore, Vita e Bellezza le ritroviamo spesso nei titoli della narrativa italiana di questi anni – primo segno d’intesa con un lettore che si immagina affamato di emozioni – un altro affidabile dispositivo di consenso è il ricorso ad azioni forti, a gesti eclatanti, a scenari esotici e dall’identità spiccata: tutto piuttosto che misurarsi con la resa di quel quotidiano banale, ripetitivo e meschino che è il nostro (e che è anche, storicamente, la materia d’elezione del caro vecchio romanzo realistico).

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