Quando ai concorsi ci domandano cosa odiamo di più nel mondo io avrei una rispostina furba e pronta a sbaragliare la concorrenza delle mie banalissime colleghe, cioè tirare un sospiro di rammarico e dire “il caporalato” come ho capito che fanno le persone serie e impegnate, ma è una parola piuttosto difficile e due volte su tre dico “capolarato”, per di più balbettando a bocca dilatata. Così in genere scelgo di risultare almeno sincero e rispondo: “i vulcani”. I giurati mi guardano perplessi e allora incalzano dicendo cose come “ma i vulcani in senso di capolarato?”. “No”, rispondo io, ormai sulla via della sincerità, “i vulcani nel senso di montagne piene di fuoco pronte a esplodere”. Loro fingono incredulità e ridacchiano, mi scartano e premiano le altre, io potrei anche querelarli, ricorrere al T.A.R. e smascherare tutta questa baracconata, e se non lo faccio è solo perché ho cose più importanti a cui pensare. Nella vita, ci sono le priorità. Tipo i vulcani, appunto.
Non so come sia nata questa ossessione. A un certo punto ho cominciato a pensarci e da lì non ho più smesso. Al liceo il mio compagno di banco un giorno si presentò con un brufolo a forma di paguro sull’avambraccio destro. Lo mostrava a tutti molto orgoglioso, titillandolo con la punta del mignolo. Gli altri compagni di classe ci videro – con la tipica innocenza degli adolescenti – una conferma del fatto che fosse un sudicio e che come tale andasse emarginato, vilipeso, costretto agli angoli della stanza, picchiato se necessario con righelli e squadre instradandolo così verso una vita di dolore, fallimenti e solitudine che avrebbe trovato il suo naturale culmine dieci anni dopo, nel cortile della stessa scuola, pomeriggio di aprile soleggiato, pollini nell’aria, un fucile a canne mozze, un Kangoo a bloccare l’uscita, quattordici vittime anzi quindici perché il bidello dopo venti giorni di agonia in ospedale peccato non ce l’ha fatta. Io, invece, ci vidi un mini-vulcano.
Ci fu poi la vacanza a Napoli, anche quella determinante nel rafforzare la mia fissazione. Sì perché a Napoli c’è un vulcano grossotto e io lo ignoravo finché, arrivato sul lungomare, mi accorsi di quella strana collina con la cima piatta. Chiesi al ragazzo che mi stava vendendo una maglietta di Christian Maggio “scusi ma d’inverno ci sciate?” e dalla velocità con cui si allontanò senza rispondermi capii. Informandomi meglio, venni a sapere del Vesuvio e da lì i tre giorni successivi furono un tormento. Un tormento aggravato dalla scoperta dei Campi Flegrei e dal concetto di vulcano sottomarino, e del bradisismo che sulle prime mi aveva pure fatto pensare con simpatia ai bradipi ma poi no. Così mentre i miei compagni di vacanza erano tutti presi dal Cristo velato, dall’ossobuco e dalle rincorse ai rispettivi scippatori bavaresi, io camminavo sui talloni e di tanto in tanto sentivo degli scoppi e allora urlavo accovacciandomi e tappandomi le orecchie e mi rasserenavo soltanto una volta capito che erano spari.
Io mi domando: perché la scienza, se è così eccelsa come dicono, invece di preoccuparsi delle malattie infantili non dedica ogni energia a disinnescare i vulcani? Ma dirò di più: perché la gente con un quoziente intellettivo superiore alla media perde tempo a dimostrare teoremi invece che impegnarsi nel risolvere la faccenda delle montagne piene di fuoco. Perché? Mi ci sono arrovellato a lungo, finché un giorno, non trovando soluzione, ho deciso di rivolgermi direttamente agli scienziati e capire come mai tutte le forze intellettuali dell’umanità non siano rivolte a questo problema. Ho preso penna e pergamena e ho scritto una lunga lettera, riversandoci tutta la mia conoscenza sull’argomento, il frutto delle lunghe ricerche da autodidatta, ed esponendo con chiarezza, precisione sintattica e incisività. Dopo una settimana ricevo risposta.
Caro Ubaldo,
intanto ci teniamo a ringraziarti per averci scritto, per la nostra rivista è molto importante sapere che i nostri lettori più giovani si rivolgono a noi per risolvere i loro piccoli grandi dubbi.
Venendo ai vulcani, devi sapere che gli scienziati, quelle persone coi camici bianchi e i capelli un po’ spettinati che avrai visto nei tuoi libri di scuola, si impegnano ogni giorno per cercare di rendere più sicura la terra, che poi è un po’ la nostra casa. Ma i problemi, purtroppo, sono molti. Alcuni – pensa che strano – sono creati dagli uomini, come le guerre, l’inquinamento, il capolarato. Altri, purtroppo, fanno parte di questo grande mondo e dobbiamo cercare di conviverci: i vulcani, appunto, ma anche gli uragani, i terremoti o, addirittura, i meteoriti.
In fondo, però, pensa che noia sarebbe la vita senza qualche problema da risolvere!
Per consolarti, ti mandiamo un cappellino e un quaderno, dove potrai scrivere i tuoi pensieri da piccolo scienziato!
Ciao,
La redazione di Focus
Meteoriti?