Ultima passione: il surf. Nata per caso, ha scalzato presto la penultima (collezione di plantari per spina calcaneare usati poco) e mi ha subito totalizzato. Fisso la prima lezione e inizio i preparativi: schiarisco i boccoli con acqua ossigenata, risultato accettabile e tre giorni di lacrimazioni e secrezioni sebacee dall’occhio destro; denti di squalo finiti in terza media per un progetto di scienze, fortuna che in casa mia vige la cultura di repertoriare in scatoline ogni frammento anatomico disperso dai membri della famiglia entro i dieci anni di vita, sicché vado di collanina costituita dai miei canini da latte più quello che persi durante la prima partita di frisbee; prova di saluto davanti allo specchio con mano a cornetta pollice-mignolo, subito abortita perché per una lieve tendinite e per la fissazione che ho per Lo chiamavano Trinità finisco due volte su tre a mimare una pistolina.

La sede della scuola incontra alla perfezione la mia fantasia, piena di gente festante e coi rasta, Dick Dale in sottofondo, il maestro biondissimo come me che mi viene incontro e mi appella con un generico ma entusiasta “grande uomo”, solo appena appena sospendendosi tra aggettivo e sostantivo perché tratto in evidente imbarazzo dal fatto che non avendo magliette adatte ho deciso di proteggermi il busto indossando un costume intero invece che il consueto due pezzi. Spiego. “Non ce n’era bisogno”, dice. “Il necessario ve lo diamo noi”, continua, allungandomi una muta umidiccia. “Mi scusi”, perplesso, “è già piena d’acqua”. “Ma figurati”, risponde, “è orina”. “Allora a posto”, e ci scivolo dentro, felice. La lezione è faticosa, ma soddisfacente. Mare non troppo mosso, adatto per noi principianti. Ci metto un po’ a calibrare la propriocezione, ma alla fine riesco pure a prendere un’onda grazie alla spinta del maestro, e quando riemergo e smetto di vomitare lo vedo che da lontano mi fa il nostro gesto pollice-mignolo ululando tra la schiuma, provo a ricambiare ma il leash (il laccio, per voi che state sul divano a guardare Formigli) mi strattona verso riva e quindi riaffondo e mi procuro forse una lieve commozione cerebrale, ma contensittimo.

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Sceso dalla barella, rientro alla scuola e sono così felice che voglio condividerlo con chi mi sta vicino. Recupero l’unica foto che mi hanno fatto in cui più della metà del mio corpo affiora dalle acque e la invio a qualche contatto, nella speranza di congratulazioni. Invece esco dalla doccia e trovo soltanto espressioni di perplessità. Una serie di messaggi, tutti dello stesso tono. Il mio giardiniere: “Ma che fai?”. Il mio tappezziere: “Hai perso la testa?”. Il mio impagliatore: “Cosa ti sei messo a fare?”. Mia madre: “Ridicolo”. Mi sciupano l’entusiasmo. Cosa non ho capito?

Torno a casa uggioso. Ci sta che sia rimbecillito senza accorgermene. Forse il surf non è cosa da gente seria e lo sanno tutti, tranne me. Così, dubbioso, cerco conforto nel mio agopuntore, da sempre riparo nelle fasi di incertezza. Passo a trovarlo e gli bastano poche parole per rassicurarmi. “Crisi di mezz’età, nulla di preoccupante”. “Crisi di mezz’età?”. “Sì. In sostanza, quando uno si accorge, non del tutto consciamente, di essere entrato nella seconda metà della sua vita, e per respingere il sentimento di declino tende a fare cose simili, tipo il surf”. “Ho capito, ti ringrazio”. “Ma figurati”. “No, davvero, mi hai risollevato”. “Sempre un piacere”. “700?”. “Regolare”. “Bancomat?”. “Madonna guarda anche oggi il POS non mi piglia bene dev’essere l’antenna”.

Monto in macchina e mi dirigo col cuore più leggero verso la prima Esselunga. Devo comprare gli integratori che mi ha consigliato il maestro, e le mandorle salate per gli spuntini a metà mattina e metà pomeriggio. Al primo semaforo rosso, però, rivado alle parole dell’agopuntore. “La seconda metà della vita”. Il concetto torna. Ma soprattutto penso che. Nel senso, ho trentaquattro anni, la seconda metà vorrebbe dire. Mi accosto al lato della strada. Stai a vedere che. Appanno il vetro del finestrino con due alitate e faccio la moltiplicazione. Trentaquattro per due: novantacinque. Appunto. Mica male, voglio dire. Vedi a fare gli sports.

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