1. La parte che preferisco, quando vado a un evento di MMA (Mixed Martial Arts), è vedere i combattenti uscire dalla gabbia dopo l’incontro. È un momento speciale in cui nel giro di pochi istanti l’aria da palestra si dirada, ogni tensione che porta le persone a prendersi a pugni (o a guardare altre persone prendersi a pugni) si scioglie e di colpo l’atmosfera è quella di una recita scolastica. Con i fighter sistemati alla bell’e meglio dai medici, le lacerazioni coperte di vasellina per impedire solo il sanguinamento in attesa di sutura, accolti da padri, madri, fidanzati, fidanzate, amici, compagni di palestra. In ciabatte, zoppicanti, con del sangue in faccia che quelli del team hanno dimenticato di pulire, si fermano a parlare, con sorrisi a volte di circostanza, svuotati di tutto tranne che dell’educazione che gli è stata impartita. Un attimo prima stavano spingendo, premendo, afferrando, torcendo, pestando con tutte le loro energie, adesso sembrano dover imparare da capo a camminare. Viene voglia di prenderli per mano, infilarli nel letto più vicino e rimboccargli le coperte.
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