L’azione si svolge in un bar.
Ci sono Davide, una Cameriera, Luigi.


Davide è seduto a un tavolo all’interno di un bar. È solo.
Arriva la cameriera.

CAMERIERA: Possiamo già ordinare?
DAVIDE: Aspetto una persona.
CAMERIERA: Vi apparecchio intanto?
DAVIDE: In realtà non so se pranziamo o se prendiamo solo una cosa.
CAMERIERA: Nessun problema. Passo più tardi.
DAVIDE: Mi porti un caffè, per favore.
CAMERIERA: Se preferisce aspettare…
DAVIDE: No, mi porti un caffè, per favore. Grazie.
CAMERIERA: Benissimo.

La cameriera si allontana.
Davide attende.
Poi entra Luigi.


DAVIDE: Luigi!
LUIGI: Scusa, ti ho fatto aspettare.
DAVIDE: Figurati, mi ero appena seduto.
LUIGI: Imperdonabile.
DAVIDE: Esagerato.
LUIGI: Ti ho chiesto io se ci potevamo vedere.
DAVIDE: Davvero ero appena arrivato.
LUIGI: Non ho neanche una buona scusa, non si può nemmeno sempre dare la
colpa agli autobus anche se ce l’hanno. Ormai lo sai. Esci prima! No?
DAVIDE: (ride) Certo.
LUIGI: Tu hai già ordinato?
DAVIDE: Ho chiesto un caffè. Ma vogliamo mangiare?
LUIGI: Prendo un caffè anche io, va benissimo.
DAVIDE: Hai già mangiato?
LUIGI: No, tu vuoi mangiare?
DAVIDE: No, no.
LUIGI: Intanto prendiamo il caffè. Poi… vai di fretta?
DAVIDE: No. Cioè, in realtà avrei da fare delle cose ma niente di importante, posso
anche non farle.
LUIGI: Non voglio sconvolgere i tuoi piani.


Arriva la cameriera.


CAMERIERA: Ecco il suo caffè.
LUIGI: Prenderei anche io un caffè.
CAMERIERA: Normale?
LUIGI: Un po’ lungo se possibile. In tazza grande. Con acqua calda a parte. E latte freddo. Avete qualcosa da mangiare?
CAMERIERA: Vi porto il menu?
LUIGI: No, qualcosina così, col caffè…
CAMERIERA: Dei biscottini?
LUIGI: Tu vuoi il menu?
DAVIDE: Come vuoi.
LUIGI: Ci porti il menu. E i biscottini che diceva.
CAMERIERA: E il caffè un po’ lungo in tazza grande con acqua calda a parte.
LUIGI: E il latte freddo.
CAMERIERA: E il latte freddo.
DAVIDE: Quanti sono i biscottini?
CAMERIERA: Cinque, mi pare. Piccoli. Sono grandi così. (fa un gesto con le dita).
LUIGI: Tu ne vuoi?
DAVIDE: No, no, grazie.
LUIGI: Ne porti dieci, due porzioni.
DAVIDE: No, davvero.
LUIGI: Alla peggio li lasciamo lì. O li mangio io.
CAMERIERA: Benissimo.


La cameriera esce.


LUIGI: E questa l’abbiamo sbrigata. Ti trovo bene. Come stai?
DAVIDE: Abbastanza. Abbastanza.
LUIGI: Qualcosa non va?
DAVIDE: No. Tutto bene. Può andare meglio.
LUIGI: Quello sempre.
DAVIDE: Infatti. No. Non mi lamento. Sinceramente. Cioè, mi lamento di continuo, come tutti, ma va bene. Davvero. E tu? Tu come stai?
LUIGI: Io sto bene. In generale sto bene. Il lavoro va. Abbiamo passato un momento molto difficile, sono stati due anni davvero complicati.
DAVIDE: Non lo sapevo.
LUIGI: Non potevi saperlo ma in realtà non c’era niente da sapere. Abbiamo cambiato soci. Abbiamo scazzato con Maurizio che però in effetti più che un socio era il proprietario. Cioè, l’attività era sua, però i clienti il rapporto ce l’avevano soprattutto con noi, per cui era una situazione un po’ imbarazzante. Però, insomma, alla fine l’abbiamo regolata. Nel peggiore dei modi, cioè l’unico possibile.
DAVIDE: Che ve ne siete andati e vi siete portati via i clienti.
LUIGI: No, detta così sembra che siamo degli stronzi e non è vero, però è esattamente così che è andata ma davvero, non avevamo scelta.


Ridono.


LUIGI: Insomma, è stato un periodo un po’ tosto a livello di rapporti e potenzialmente rischioso anche dal punto di vista economico e tutto, però non ce la siamo mai vista brutta davvero. Tensioni, mal di stomaco. Un po’ di sensi di colpa. Tante sigarette, troppe. Ho smesso. Quando ne siamo usciti la prima cosa che ho fatto è stata buttare le sigarette. Basta. Per questa vita ho dato. Per fortuna noi eravamo in tre, che vuol dire che da un lato si litiga e qualunque problema si moltiplica per tre ma dall’altra ci si aiuta anche, si spartiscono i sensi di colpa, quando uno va giù gli altri tirano su. Insomma, è andata.
DAVIDE: E adesso siete voi tre?
LUIGI: Più quello coi soldi. Sì.
DAVIDE: Il capo?
LUIGI: Il pollo!


Ridono.


E tu?
DAVIDE: Il lavoro?
LUIGI: Quello che vuoi.
DAVIDE: Passiamo ai sentimenti?
LUIGI: Ne hai?
DAVIDE: Non ho altro.
LUIGI: Lo so, scherzavo.
DAVIDE: Lo so. Sono innamorato.
LUIGI: La stessa o un’altra?
DAVIDE: “La stessa” a chi ti riferisci? Dov’eri rimasto?
LUIGI: Mi hai già risposto. E ti fa soffrire?
DAVIDE: Certo. Ma sto imparando a sopportare.
LUIGI: Cioè?
DAVIDE: A guardarmi con l’ironia con cui mi vedono gli amici.
LUIGI: Ci riesci?
DAVIDE: Sto imparando. Non riesco ancora bene. Anzi, per niente. Soffro come un cane. Continuo ad innamorarmi come al liceo.
LUIGI: È l’unico modo.
DAVIDE: Dici?
LUIGI: Non c’è dubbio.
DAVIDE: E tu?


Pausa.
Arriva la cameriera.


CAMERIERA: Scusate, vi ho fatto aspettare.
LUIGI: Nessun problema. Sappiamo come passare il tempo.
DAVIDE: Si parlava d’amore.
CAMERIERA; Beati voi. Allora il caffè è per lei, l’acqua, il latte, e i biscottini li lascio qui. E i menu mi avevate chiesto, vero?
LUIGI: Sì. Tu vuoi un altro caffè?
DAVIDE: No.
LUIGI: Sicuro?
DAVIDE: No. Ma sì, sì, grazie.
CAMERIERA: Un caffè e vi porto subito i menu.

temporale,Paravidino,atto unico


Esce.


LUIGI: Carina.
DAVIDE: Sì. Stai in cerca?
LUIGI: No, no, figurati. Sono molto monogamo. Con tutte le complicazioni del caso. Però carina.
DAVIDE: Sì. Molto.
LUIGI: E possibilista anche. Quel “beati voi” che ci ha lanciato.
DAVIDE: Ma io sono innamorato. E tu sei monogamo. Non ti ci facevo.
LUIGI: No?
DAVIDE: Quando ti ho conosciuto intendo. Prima di Elena.
LUIGI: Ah.
DAVIDE: Da quando c’è Elena è impossibile immaginarti con un’altra.
LUIGI: Tutto è possibile.
DAVIDE: Oddio. È – è per questo che mi volevi vedere?
LUIGI: Per questo?
DAVIDE: C’è una – tu e Elena…?
LUIGI: No, no, no! Cosa? No! Dicevo “tutto è possibile” in generale, davvero in generale.
DAVIDE: Davvero?
LUIGI: Davvero. Te lo direi.


Pausa.


DAVIDE: State bene?
LUIGI: No.


Pausa.


DAVIDE: No?


Entra la cameriera.


CAMERIERA: Il suo caffè. E i menu li metto qui.
LUIGI: Grazie.
DAVIDE: Grazie.
CAMERIERA: Ci mancherebbe.
LUIGI: Perché ha detto “beati voi”?
CAMERIERA: Io?
LUIGI: Prima.
CAMERIERA: Io ho detto beati voi?
DAVIDE: Si diceva che stavamo parlando d’amore. E lei ha detto “beati voi”.
CAMERIERA: Ah. Non me lo ricordavo neanche! Ho detto così?
LUIGI: Sì.
CAMERIERA: Perché se ne parlate vuol dire che avete almeno da parlarne. È quando non se ne parla neanche più che è veramente dura.
LUIGI: Lei non ne parla?
CAMERIERA: Io sì. Ma io sono una donna. Quando siete pronti se non sono ancora passata fatemi un cenno, vi lascio guardare il menu. O parlare.


Se ne va.


LUIGI: È sposata.
DAVIDE: Hai visto l’anello?
LUIGI: No. Si capisce. È sposata con uno che non parla. Lei ne parla con altre donne.
DAVIDE: Sicuro?
LUIGI: Come faccio a esserne sicuro!?


Ridono.


LUIGI: Vuoi mangiare qualcosa?
DAVIDE: Non so.
LUIGI: Mangiamo i biscottini intanto.
DAVIDE: Sì. Cosa si diceva?


Si guardano.


LUIGI: Si parlava d’amore.
DAVIDE: Le cose non vanno bene?
LUIGI: No. Le cose vanno bene.
DAVIDE: Siete in crisi?
LUIGI: No.
DAVIDE: Non l’ami più?
LUIGI: Al contrario.
DAVIDE: Non farmi preoccupare.
LUIGI: Elena è innamorata di un morto.


Pausa.


DAVIDE: Uhm. Cioè. Lo conosco?
LUIGI: È morto.
DAVIDE: Lo conoscevo?
LUIGI: No. Non credo.
DAVIDE: E… è una cosa recente?
LUIGI: È morto una quindicina di anni fa.
DAVIDE: Che si amano, intendo.
LUIGI: Non si amano, lui è morto. È lei che è innamorata di lui.
DAVIDE: E che ne so, io?
LUIGI: Ma come che ne so? Non sto parlando di un fantasma. Non è un film. Sto parlando del mondo reale. Quello fatto dai vivi.
DAVIDE: Sì. Sì. Però ci sono tante cose che non sappiamo come funzionano. Quella porta lì, intendo quella tra i vivi e i morti chissà come è chiusa…
LUIGI: Davide. Se avessi trovato quella porta aperta ti avrei detto questo. Non di Elena.
DAVIDE: Scusami. È l’imbarazzo. È l’agitazione del fatto che mi stai raccontando una cosa così… grossa… e personale.
LUIGI: Non ti scusare.
DAVIDE: Chi è?
LUIGI: Un suo compagno del liceo.
DAVIDE: Ma dai.
LUIGI: Si chiamava Leo.
DAVIDE: Stavano insieme?
LUIGI: Non lo so. Ma in qualche modo è stato il suo grande amore.
DAVIDE: E come sai che è innamorata di lui?
LUIGI: Lo so. Certe cose si vedono. Va molto d’accordo coi genitori. A lui manda messaggini. Scrive lettere. Nasconde foto sue qui e lì, vuole stare spesso da sola, dice che va a fare due passi e credo vada al cimitero… o in qualche altro luogo loro.
DAVIDE: O mio Dio. Ma sta bene?
LUIGI: Sai? Sì. Detta così sembra che sia impazzita.
DAVIDE: Sembra.
LUIGI: Ma lei sta benissimo. Cioè no. Soffre molto perché Leo è morto e non risponde ai suoi messaggini e alle sue lettere di merda, scusa, ma per il resto sembra che stia benissimo. Sono io che non sto bene per niente.
DAVIDE: Con te ne parla?
LUIGI: Molto malvolentieri.
DAVIDE: Ma ne parlate.
LUIGI: Di Leo sì. Però con me nega di essere innamorata di lui.
DAVIDE: E con altri?
LUIGI: Con altri io non ne parlo. Sei il primo. Lei non so.
DAVIDE: Con la madre di lui, tipo.
LUIGI: Non lo so. Io mi fido di Elena. Non voglio mancarle di rispetto. Non posso mettermi tra lei e la madre di Leo perché sono geloso.
DAVIDE: Perché no?
LUIGI: Perché no.
DAVIDE: Be’, non sono d’accordo. Io due parole con la madre di Leo ce le farei.


Entra la cameriera.


CAMERIERA: Sapete già se volete ordinare?
DAVIDE: No.
LUIGI: Sì. Io sì mangerei qualcosa. Ti va?
DAVIDE: Ah, sì, va bene.
CAMERIERA: E sapete già?
LUIGI: Io sì, tu…
DAVIDE: No, io… (prende il menu) aspettate…
CAMERIERA: Ripasso tra poco?
LUIGI: Sì grazie.


La cameriera esce.


DAVIDE: Tu cosa prendi?
LUIGI: Pensavo il roast beef, però devo chiedere quando lo hanno fatto.
DAVIDE: Ti copierei ma è un periodo che sto cercando di mangiare meno carne possibile.
LUIGI: Problemi di salute?
DAVIDE: La mia ragazza è molto sensibile al fatto che a suon di bistecche, combustibili fossili e altre stronzate stiamo rendendo la terra un posto invivibile per specie animali tipo la nostra.
LUIGI: È vegetariana?
DAVIDE: È vegana, non prende aerei, sta attenta un po’ a tutto.
LUIGI: E tu anche?
DAVIDE: Moderatamente. Ma un po’ sì.
LUIGI: Perché sei cotto come un adolescente.
DAVIDE: Perché ha ragione.
LUIGI: Non ti offendere.
DAVIDE: Non mi offendo. Stai tranquillo. È lei la vegana. Però fa bene. E lo consiglio anche a te. Hai già smesso di fumare. Hai fatto trenta, fai trentuno.
LUIGI: Non l’ho fatto per la salute. A quella non penso. Sono in competizione con un morto, figurati!
DAVIDE: Se non lo fai per la tua fallo per quella di mia figlia!
LUIGI: Come sta?
DAVIDE: Cresce. Sta bene.
LUIGI: Ti lascio guardare il menu.


Leggono.

temporale,Paravidino,atto unico


Se il roast beef non è di oggi prendo una caprese.
DAVIDE: Prendila comunque.
LUIGI: Tu?
DAVIDE: Non c’è niente.
LUIGI: Ma è pieno di piatti vegetariani.
DAVIDE: Non c’è niente che mi ispiri. Devono anche piacermi, sai? Non basta che siano ciccia free.
LUIGI: Come siete difficili.
DAVIDE: Non incominciare.
LUIGI: Vuoi che andiamo da un’altra parte?
DAVIDE: Ma figurati. Ci siamo già affezionati alla cameriera!
LUIGI: Vino?
DAVIDE: Beviamo?
LUIGI: A ’sto punto…
DAVIDE: Bene.
LUIGI: Preferenze?
DAVIDE: Fai tu.


Leggono ancora un attimo. Luigi chiude il menu.


DAVIDE: Mi dispiace.
LUIGI: È veramente difficile. Adesso ci scherzo, però…
DAVIDE: No. Si vede che stai male. Scusa.
LUIGI: Lo so. È… credevo di essere pronto a tutto. Competere con un morto è proprio una cosa che non mi aspettavo. Non posso parlargli. Non può sbagliare. Io posso deluderla. Lui no. Non può più. Se lo ama così è per sempre.
DAVIDE: Be’, ci sono parecchie cose che tu puoi fare e lui no.
LUIGI: Io lo sapevo di lui. Ma pensavo che lei non ci pensasse più. Ne ero sicuro. Cazzo. Ora che è tornato perché dovrebbe andarsene? Come faccio? Non riesco ad immaginare la mia vita senza di lei. E non riesco a sopportare la mia vita con lui.
DAVIDE: Come l’hai scoperto?
LUIGI: Lui è sempre stato lì. Non se n’è mai andato. L’ho scoperto quando io ho cominciato a contare di meno. Un giorno ha telefonato a casa sua madre, ho risposto io. “C’è Elena? Sono la mamma di Leo.” Come se niente fosse. Come se Leo fosse vivo. E come se avesse diciassette anni. Elena con me si comporta come se io fossi un genitore un po’ noioso. E – è sempre distratta.
DAVIDE: Scusa ma. Sei sciuro che sia Leo? Che non ci sia un altro? Uno vivo, intendo?
LUIGI: Sì.


Pausa.


I morti sono più forti di noi. Non si possono neanche uccidere.


Forse Luigi vorrebbe piangere. Entra la cameriera.


CAMERIERA: Sapete già?
LUIGI: Sì. Com’è il roast-beef?
CAMERIERA: È un pezzo di carne cucinato all’Inglese. Dentro rimane un po’ rosa. Ed è servito tagliato a fette sottili…
LUIGI: Sì, lo so cos’è… chiedevo com’è.
CAMERIERA: Molto buono.
LUIGI: È di oggi?
CAMERIERA: Non so. Penso di sì. Chiedo in cucina.
LUIGI: No. Va bene così. Mi porti il roast beef. Se mai mi lamento. Con lei. E patate.
CAMERIERA: Vedrà che non si lamenterà. E per lei?
DAVIDE: Roast beef anche io.
CAMERIERA: Patate?
DAVIDE: Sì.
CAMERIERA: Da bere?
LUIGI: Un mezzo di rosso.
CAMERIERA: Sfuso non ne abbiamo. Posso portarvi due bicchieri, se no la bottiglia.
LUIGI: Portaci una bottiglia allora.
CAMERIERA: Vi porto la carta dei vini.
LUIGI: No, fai tu.
CAMERIERA: Vi fidate?
LUIGI: Ciecamente.
CAMERIERA: Arrivo subito.
LUIGI: Posso, una domanda?
CAMERIERA: Sì?
LUIGI: Sei fidanzata?
CAMERIERA: Posso non rispondere?
LUIGI: Nessuno ci vuole provare.
CAMERIERA: È una scommessa?
LUIGI: Più un discorso.
DAVIDE: Puoi non rispondere.
CAMERIERA: Ci penso. Torno coi roast beef.


Esce.


LUIGI: Oggi carne.
DAVIDE: La vegana è lei. Io le tengo compagnia. Oggi tengo compagnia a te.
LUIGI: E il pianeta?
DAVIDE: Cosa pensi di fare?
LUIGI: Con Elena?


Davide annuisce.


LUIGI: Non lo so. Intanto ne sto parlando con te.
DAVIDE: Come è morto?
LUIGI: Leo?
DAVIDE: Uhm.
LUIGI: In macchina. Ma non si è mai capita la dinamica. Cambiano ancora i fiori sul guard rail.
DAVIDE:Chi? Elena?
LUIGI: No. Per Elena non è morto.
DAVIDE: Cosa vuoi dire?
LUIGI: Che non ha il culto del morto. Lo ama come se fosse vivo.
DAVIDE: Merda…


Suona il telefono di Davide.


DAVIDE: Scusa.
LUIGI: Figurati.
DAVIDE: Pronto? No, sono il figlio. No, è mancata tanti anni fa. Si figuri, dica pure a me. No, grazie, non mi interessa. No, davvero. Si immagini. (riattacca) Mia madre. Un tormento. Dava il numero a tutti, la chiamavano per venderle cose e lei le comprava. Sempre. O almeno ascoltava tutto. Era sola in casa, non parlava con nessuno, poi le telefonavano… Insomma, era un buon contatto per i venditori. Figurati che inferno.
LUIGI: E perché li hai ereditati tu?
DAVIDE: Ho tenuto la sua scheda. Ho il suo numero. Prima lo tenevo perché magari qualcuno non sapeva che era morta allora se la cercava glie lo dicevo e poi niente, poi ho iniziato ad usarlo e basta. La cercano solo i venditori, ovviamente. Da un pezzo. Però mi fa sentire in contatto con lei. Essere io 3353174060.
LUIGI: Forse sono io che in questo periodo sono sensibile a queste cose, ma non ti sembra malsano?
DAVIDE: No.
LUIGI: Ok.
DAVIDE: Lo so che è morta. Quando uno muore qualcosa si tiene e qualcosa si butta. Se tieni tutto non lasci più spazio per la vita. Se butti tutto…
LUIGI: Se butti tutto?
DAVIDE: Non lasci spazio per te.
LUIGI: Cosa vuol dire?
DAVIDE: I morti esistono.
LUIGI: No! Non devono! I morti esistevano. Poi sono morti. Non ci sono più.
DAVIDE: Si sono sempre costruiti sepolcri.
LUIGI: Nei cimiteri. Sì. Con intorno un muro. Che ci aiuta a non confonderli con i vivi.
DAVIDE: I nomi delle vie.
LUIGI: Ci hai mai fatto caso che sono uguali ai manifesti mortuari? Sono lapidi. Appese lassù. Che non si riescono a toccare.
DAVIDE: Non fare finta di non capire.
LUIGI: Sto capendo benissimo infatti, non faccio finta di niente, stai parlando del culto dei morti, gli antenati in bianco e nero sul cassettone, i posteri a colori nella zona giorno e noi che ci giriamo in mezzo con le nostre gambe. Non faccio finta di non capire. Ci sono dei posti dove teniamo i morti che sono fatti apposta.
DAVIDE: Sì sono fatti apposta. Dai vivi, che sono conformisti. Ma i morti non lo sono, anzi, cosa glie ne frega a loro? Non riusciamo a trattarli tutti allo stesso modo. C’è chi sta buono nel suo cimitero e chi invece se ne va un po’ più in giro.
LUIGI: I morti non vanno in giro. Sono i vivi che li portano in giro. Le automobili non si offendono. I mercati non si inquietano. Sono gli esseri umani vivi ad avere i sentimenti. E qualche animale. Vivo.
DAVIDE: Sei diventato materialista e cinico.
LUIGI: Sarà l’età. Ma no. Ma che cinico? Amo la poesia.
DAVIDE: Tu?
LUIGI: Sì. Mi piace la poesia. Mi piace descrivere la realtà in modo poetico. Ma so che è la poesia, non è la realtà. Le metafore le fanno gli uomini, non la natura.
DAVIDE: Cosa c’entra coi morti?
LUIGI: Il sole era giallo come un limone.
DAVIDE: Sì.
LUIGI: È una cosa dell’uomo non del sole. È vero che il sole era giallo come un limone?
DAVIDE: Sì?
LUIGI: Sì. Perché no? È un’immagine poetica, no? Non un gran che…
DAVIDE: Va be’…
LUIGI: Quindi si può spremere? Esce spremuta di limone? No.
DAVIDE: No. Quindi?
LUIGI: Quindi anche se è meno poetico non sono i morti che vanno a spasso, che non vogliono farsi chiudere nei cimiteri, che sono ancora qui, che mi proteggono, mi chiamano, che danno i numeri… siamo noi. Sono io che non riesco chiuderlo nel cimitero. Che me lo immagino che va a spasso. Che mi sembra come se fosse ancora qui…
DAVIDE: È chiaro, sì, d’accordo.
LUIGI: E non lo so se siamo così d’accordo perché io ti parlo di quello che fanno i vivi e tu continui a parlarmi dei morti come se avessero una volontà propria.
DAVIDE: È un modo di dire.
LUIGI: È un modo di dire ma quando le cose le dici in un modo le pensi in quel modo.
DAVIDE: Wittgenstein?
LUIGI: No, io.


Entra la cameriera.

temporale,Paravidino,atto unico


CAMERIERA: Ecco qua i vitelli tonnati.
LUIGI: Roast beef.
CAMERIERA: Sì, scusate è roast beef. Ho detto vitello tonnato ma volevo dire roast beef. E torno subito col vino e i contorni. Ho domandato in cucina, l’hanno fatto stamattina.
DAVIDE: Benissimo.
CAMERIERA: Arrivo subito.


Aspettano in silenzio. Torna la cameriera.


CAMERIERA: È un Merlot, se vi piace.
LUIGI: Fantastico.
CAMERIERA: Assaggia lei?


Luigi assaggia.


LUIGI: Buonissimo. Grazie.
CAMERIERA: Comunque sì. Ho un ragazzo.
DAVIDE: Sì?
CAMERIERA: Parlavate sempre d’amore?
LUIGI: Di morti, adesso.
CAMERIERA: Che allegria.
DAVIDE: Hai un ragazzo, allora.
CAMERIERA: Sì. Che in realtà avrà la vostra età ma lo chiamo ragazzo lo stesso, non so come chiamarlo se no.
LUIGI: Come si chiama?
CAMERIERA: Mirko.
LUIGI: Puoi chiamarlo Mirko.
CAMERIERA: Certo che lo chiamo Mirko quando lo chiamo, però con voi, con chi non ci conosce non posso dire “ho un Mirko”, dico che ho un ragazzo, il ragazzo, no?
DAVIDE: Certo. “Ho un Mirko” non è male.
LUIGI: E ha la nostra età.
CAMERIERA: Penso di sì. Più o meno.
LUIGI: E non siamo ragazzi, noi?
CAMERIERA: Più dei signori, direi.
DAVIDE: Addirittura!
LUIGI: E allora puoi dire “ho un signore”.
CAMERIERA: Vi lasco mangiare. Ripasso dopo.


Esce.


DAVIDE: “Ho un signore”.
LUIGI: Siamo due signori, hai capito?
DAVIDE: Non ti va?
LUIGI: Due signori. No. A te piace?
DAVIDE: Io sto con una ragazza di ventidue anni, figurati quanto mi piace che mi diano del signore.
LUIGI: Non mi avevi detto che era una bambina.
DAVIDE: Non è una bambina.
LUIGI: Be’, insomma…
DAVIDE: È molto più matura di te.
LUIGI: Perché è una ragazza.
DAVIDE: Una donna. Lei ci tiene ad essere una donna.
LUIGI: Ah, lei ha ventidue anni e vuole essere una donna, noi che ne abbiamo quaranta e passa vogliamo essere dei ragazzi.
DAVIDE: Te l’ho detto che è più matura lei.
LUIGI: E ti sembra normale?
DAVIDE: È la paura della morte.
LUIGI: Di già?
DAVIDE: Quella viene nascendo, mica con l’età.
LUIGI: Con l’età però diventa meno astratta.
DAVIDE: Dici?
LUIGI: Smetti di metterti in pericolo perché già ci sei. Stai bene però ti accorgi che il tuo corpo non è più quello dei vent’anni, che non sei invincibile, che sei in discesa. Non c’entra se ormai si muore a ottanta o novant’anni, la vecchiaia incomincia comunque intorno ai trenta. Apri gli esami del sangue e ci sono più croci che al cimitero.
DAVIDE: Sono asterischi.
LUIGI: Si fingono asterischi.
DAVIDE: Potresti togliere qualche proteina alla tua dieta, visto che non hai più vent’anni, e vedrai che anche gli asterischi impostori diminuiscono.
LUIGI: Le proteine mi servono tutte.
DAVIDE: Body buiding?
LUIGI: Le sintetizzo in rabbia.
DAVIDE: Te ne serve tanta?
LUIGI: C’è chi vive da mucca e chi vive da tigre, io ho appena fatto fuori un socio, chissà domani…
DAVIDE: Ma va là, uomo tigre.
LUIGI: E tu che stai diventando erbivoro cosa ci fai con l’overdose proteica di oggi?
DAVIDE: Alimento la mia potenza sessuale.
LUIGI: Pensi di averne bisogno urgente?
DAVIDE: Mah. Siamo io e te.
LUIGI: Appunto.


Ridacchiano.


DAVIDE: Cosa pensi di fare?
LUIGI: Con Elena?


Silenzio.


L’altra notte mi sono svegliato. È un po’ che dormo poco, male, la faccenda del lavoro che ti ho detto. Mi sono svegliato e lei non era lì con me nel letto. L’ho aspettata un po’. Ho cercato di sentire se c’erano rumori in bagno, in cucina, niente. Ho cercato di riaddormentarmi, poi mi sono alzato e sono andato di là a cercarla. Era in piedi alla finestra della sala che guardava i lampioni in strada. Mi sono fermato dietro di lei ma senza andarle addosso. A un paio di metri, diciamo. Forse tre. Ho sentito che lei ha avvertito la mia presenza. Ma non si è voltata, non ha fatto niente. E io non sono riuscito a dirle “cosa c’è?”, “stai bene?”. Sono rimasto lì, come un carciofo. Perché lo sapevo che qualunque cosa sarebbe stata inopportuna. E però non riuscivo neanche a far finta di niente e tornarmene a letto. Allora sono rimasto lì e basta. A soffrire. Io la mia solitudine. Lei… la sua perdita.
DAVIDE: Sicuro che sia vero?
LUIGI: Ma cosa? Non mi credi?
DAVIDE: Sì. Ma perché non ne parli con lei? Voglio dire. Sicuro che non sia solo una tua sensazione?
LUIGI: Certo che è una sensazione. Ma è una sensazione reale. Sentivo che in un altro tempo sarebbe stato naturale per me avvicinarmi e abbracciarla da dietro. Che se lei era in piedi da sola di notte alla finestra aspettava solo questo. O magari no ma io me lo potevo figurare. E lei l’avrebbe presa bene. E adesso no. Sentivo che quello spazio non lo potevo attraversare. Che non mi apparteneva. Che se l’era costruito lei per starci da sola. Porca puttana. Cazzo. Come faccio?
DAVIDE: Io le parlerei. Davvero. Non lo so se parlando le cose si aggiustano, però per lo meno, magari si capiscono. Se poi non si possono aggiustare si cerca di farsene una ragione e si comincia a guardare avanti prima che si può. Se invece si possono aggiustare evviva, sotto a darsi da fare.
LUIGI: Parlare?
DAVIDE: Trovando il modo giusto, però qui la questione mi pare che sia che, morto o non morto, c’è un problema tra di voi. Se no non si andava a innamorare di quell’altro.
LUIGI: E se invece non fosse così? Non può essere che due vanno d’amore e d’accordo e poi uno dei due perde la testa per un altro senza che ci fosse nessun problema tra loro?
DAVIDE: Io tutte le volte che ho perso la testa per qualcun’altra era perché stavo dentro una relazione finita anche se non me n’ero accorto.
LUIGI: Questo perché sei sbadato, ma non è una regola.
DAVIDE: Io penso di sì.
LUIGI: Io penso di no.
DAVIDE: Ma sì, è così.
LUIGI: Io spero di no. Devo sperare di no.


Arriva la cameriera.


CAMERIERA: Andava bene?
DAVIDE: Benissimo.
CAMERIERA: Porto via?
LUIGI: (alla cameriera) Può essere che una relazione funzioni e poi uno dei due si innamori lo stesso di un’altra persona o, perché questo succeda, la relazione deve essere già compromessa?
CAMERIERA: Aspettate, aspettate, non so se ho capito, com’è?
LUIGI: Due persone. Stanno insieme. Poi uno si innamora di un’altra. È perché erano in crisi, o può succedere anche in una coppia, diciamo, “sana”?
CAMERIERA: Ma che domanda difficile! Non si può sapere.
LUIGI: Nella tua esperienza.
CAMERIERA: Tutte e due le cose.
DAVIDE: Contemporaneamente?
CAMERIERA: Be’, no. Mi è capitata sia l’una che l’altra cosa.
LUIGI: Quindi, scusa, anche di innamorarti, o che il tuo ragazzo si innamorasse di un’altra persona senza che il vostro rapporto fosse in difficoltà?
CAMERIERA: Uhm. Ci devo pensare. Volete il caffè?
DAVIDE: Un ginseng se è possibile.
CAMERIERA: Un ginseng, sì.
LUIGI: E per me un caffè normale. E una sambuca.
DAVIDE: Una sambuca?
CAMERIERA: Due?
DAVIDE: No, mi fa proprio schifo la sambuca.
CAMERIERA: Le porto un’altra cosa?
DAVIDE: Tipo?
CAMERIERA: Non so. Limoncello, mirto, una grappa…
DAVIDE: Ma sì, una grappa, va.
LUIGI: Allora anche io.
CAMERIERA: Un ginseng, un caffè normale e due grappe. Secche?
LUIGI: Sì, grazie.

La cameriera esce.

DAVIDE: Con Anna, ti ricordi Anna?
LUIGI: Anna. Anna la tua ex?
DAVIDE: Sì, ne ho avute due di Anne…
LUIGI: Anna Bolena e Anna dai capelli rossi…
DAVIDE: Anna la mamma di Martina.
LUIGI: L’ultima Anna, insomma. Non Anna dai capelli rossi.
DAVIDE: Anna dalle tette tonde.
LUIGI: Ah, così ne parli della mamma di Martina?
DAVIDE: Sei tu che hai cominciato.
LUIGI: Io? 
DAVIDE: Anna dalle tette tonde è tua.
LUIGI: Non mi ricordavo. All’inizio forse, da quando è diventata Anna di Davide non l’ho mai più chiamata così.
DAVIDE: Sicuro?
LUIGI: E insomma?
DAVIDE: Con lei andavamo d’amore e d’accordo tanto che quando è comparsa Jenny non avrei mai pensato che quella potesse essere una cosa seria.
LUIGI: Jenny è la vegana?
DAVIDE: No, Jenny è quella prima.
LUIGI: Oh, credo di non avere proprio voglia di provare a tenere il filo.
DAVIDE: Ci vediamo di rado.
LUIGI: Non così di rado! Allora c’era Anna e fino a Jenny non c’è stata nessun altra.
DAVIDE: Niente di serio, no.
LUIGI: Niente di serio. Di faceto invece sì.
DAVIDE: Cose poco importanti.
LUIGI: Sei una persona orrenda. Poi è arrivata questa Jenny. Di anni? Undici?
DAVIDE: No, grande.
LUIGI: Quanto grande?
DAVIDE: Trentadue.
LUIGI: Meno di te, comunque.
DAVIDE: Le mie coetanee sono quasi tutte madri.
LUIGI: E cosa vuol dire? Una madre non è una persona?
DAVIDE: Non mi va di mettermi in mezzo a relazioni complicate.
LUIGI: Tranne le tue. Quelle le devono sopportare tutti.
DAVIDE: Che piega noiosa che sta prendendo questa conversazione. Davvero mi stai giudicando perché mi innamoro spesso? Farebbe bene anche a te una bella cotta, sai? Scopriresti di non essere perfetto. Che le forme patriarcali di tipo matrimoniale sono giustissime per un certo tipo di ordine economico ma non descrivono esattamente la natura delle donne e degli uomini, diventeresti più duttile e magari riusciresti a guardare con più serenità anche la storia di Elena.
LUIGI: La storia?
DAVIDE: Sì. La storia che sta avendo con questa persona morta. Perché, vivo o morto, poco cambia. Il fatto è che tu stai una merda perché Elena si è innamorata di uno che non sei più tu.
LUIGI: Ma è morto.
DAVIDE: E meno male! Meglio per te! Almeno non scopano, scusa, eh.
LUIGI: Pensi solo a quello!
DAVIDE: Tu no? A te non interessa? Forse è per questo che Elena preferisce addirittura i morti. Scusa.
LUIGI: Davide…
DAVIDE: Scusa. Non volevo. Non è quello che penso. Anna mi odia. Dice che sono stato un irresponsabile, mi fa delle storie su Martina, non vuole che lei cresca con un padre così, “che modello maschile è”, sta facendo una campagna acquisti micidiale di tutti gli ex amici comuni che quando mi incontrano per strada mi guardano come se fossi appena uscito di prigione per un errore giudiziario e io sto cercando di difendermi, di aggrapparmi a un amor proprio che non ho e questo mi fa aggressivo. Me la prendo con gli altri. Mi sforzo di dimostrare che sono peggio di me per recuperare un gradino o due. Ma non ce l’ho con te. Davvero. Le grappe?


Davide si alza.


DAVIDE: Scusa!


Arriva la cameriera.


CAMERIERA: Sì?
DAVIDE: Le grappe. Ti ricordi? Sì?
CAMERIERA: E i caffè, arrivo, sì, scusate, parlavate, non volevo disturbarvi.
DAVIDE: No, disturbaci, disturbaci per piacere.
CAMERIERA: Arrivo subito.


Esce.


DAVIDE: (sempre in piedi) Non volevo, davvero, perdonami. Mi dispiace di Elena. Tanto.
LUIGI: Non sapevo che Anna.
DAVIDE: Non lo sapevi, è un po’ che non ci vediamo. Ci siamo lasciati bene, sembrava una favola e invece no. A volte ritornano. Sono passati sei mesi ed ha deciso che ero una merda. Ed è vero. Ma lo ero anche prima. Allora di colpo adesso sono una merda. Per tutti. E per me.
LUIGI: E per la tua nuova… la vegetariana…?
DAVIDE: Alice.
LUIGI: Alice?
DAVIDE: Per lei no, ma a forza di stare con una merda comincia a sentirla la puzza. Allora se non metto su un po’ di amor proprio non lo so quanto vado avanti con lei.


Entra la cameriera.


DAVIDE: Non ho il cervello al posto del cazzo. Mi innamoro. È diverso.
CAMERIERA: Viva l’amore allora!


Posa i caffè e le grappe. Luigi prende il bicchiere.

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LUIGI: Evviva! Bevi con noi?
CAMERIERA: Ne ho ancora per un po’. Se attacco con le grappe adesso…
LUIGI: Col pugnetto, allora. All’amore. Non puoi mancare.


Davide prende il bicchiere.


LUIGI: All’amore?
DAVIDE: All’amore.
CAMERIERA: Viva.


Davide e Luigi fanno cin cin col bicchierino e la cameriera tocca i bicchierini col pugnetto chiuso.
Le grappe vanno giù.


DAVIDE: Uhm. Buona.
LUIGI: Ce ne porti altre due?
CAMERIERA: Volete la bottiglia?
LUIGI: Meglio no. Altre due.


La cameriera esce.


LUIGI: Scusa, è colpa mia. Ti ho aggredito con la mia storia, persino il mio lavoro, non ti ho chiesto niente di te…
DAVIDE: Ma no, è normale. Sei tu che mi hai chiamato, è perché avevi un problema tu.
LUIGI: Non è normale. Siamo così abituati all’egoismo che lo chiamiamo normalità ma non è normale per niente. Se lo è non è un buon motivo per non cambiare. Come va?
DAVIDE: Come ti ho detto.
LUIGI: La nuova…
DAVIDE: Alice.
LUIGI: Alice. Com’è?
DAVIDE: Bionda.
LUIGI: Ti ama?
DAVIDE: È innamorata. È giovane. Non so cos’è l’amore per lei.
LUIGI: Per te?
DAVIDE: Diventare stupidi.
LUIGI: Sei stupido con lei?
DAVIDE: Da matti.
LUIGI: E lei?
DAVIDE: No.
LUIGI: Ti preoccupa?
DAVIDE: Un po’. Perché ho paura di essere la parte debole.
LUIGI: Lei cerca uno forte?
DAVIDE: No.
LUIGI: E allora!
DAVIDE: Ho paura che si stufi.
LUIGI: Perché tu ti stufi.
DAVIDE: Perché io mi stufo.
LUIGI: Succede.
DAVIDE: Ma fa sempre male.
LUIGI: D’amore non si muore.
DAVIDE: Però si vive male.
LUIGI: Sì.
DAVIDE: Sì.
LUIGI: Anna?
DAVIDE: Anna la mamma di Martina?
LUIGI: Anna non quella dai capelli rossi.
DAVIDE: Anna dalle tette tonde.
LUIGI: La mamma di Martina.
DAVIDE: Mi odia.
LUIGI: Ti fa male?
DAVIDE: Sembrava che ci fossimo lasciati bene. Mi piacerebbe avere un buon rapporto con le donne dopo che ci lasciamo.
LUIGI: Tradirle non è un buon inizio.
DAVIDE: Lo so ma succede.
LUIGI: Pensavi che vi foste lasciati bene?
DAVIDE: Non era così.
LUIGI: Ti senti in colpa?
DAVIDE: Sento che il mio passato viene riscritto male.
LUIGI: Da lei?
DAVIDE: Dal rapporto che abbiamo adesso. Che fa guadare agli anni del nostro rapporto come un errore e non come una cosa bella che è finita.
LUIGI: Martina come sta? Quanti anni ha adesso?
DAVIDE: Sette. Non lo so come sta. Sembra bene. Credo male. I bambini si farebbero ammazzare per i genitori. Martina è bravissima. Affettuosa. E questo mi spezza il cuore.
LUIGI: Va d’accordo con Alice?
DAVIDE: È diventata vegana. Ma non lo dice alla mamma. A casa di lei mangia un sacco di carne perché la mamma non scopra che va d’accordo con Alice. Mi spezza il cuore.
LUIGI: I figli dei separati hanno un’alimentazione più varia degli altri.
DAVIDE: Ma un groppo nelle budella.
LUIGI: Vedi il bicchiere mezzo pieno. Martina è vegana ma non si fa mancare la carne, ha un papà una mamma e una Alice in più. Martina è fantastica. È chiaro che è in un periodo difficile ma ogni periodo è difficile alla sua maniera. Tu e Anna dalle tette tonde siete due genitori fantastici. Occupati di Martina ma non preoccuparti.
DAVIDE: Ci provo.
LUIGI: Il lavoro?
DAVIDE: Non me n’è mai fregato un cazzo, sai? È disdicevole lo so, ma adesso me ne sono liberato, non me ne vergogno. La costituzione mi piace tutta ma inizia malissimo. “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. Ma non potevate fondarla su qualcos’altro?
LUIGI: Tipo?
DAVIDE: La felicità…
LUIGI: Troppo americano.
DAVIDE: L’amore. I diritti. La mia vita non è fondata sul lavoro. Lo faccio. Ma potrei farne un altro.
LUIGI: Tra un po’ mollo tutto e vado ad aprire un bar ai Caraibi?
DAVIDE: No, no. Non sogno né di andarmene né di non fare un cazzo. Sto bene qua. Lavoro volentieri. Non ne sono ossessionato.
LUIGI: Questo è buono. Ai padri costituenti andrebbe bene.
DAVIDE: Dici?
LUIGI: Sicuro. Vorresti cambiare?
DAVIDE: Certo. Sempre.
LUIGI: Sul serio?
DAVIDE: Quasi mai.
LUIGI: Adesso?
DAVIDE: Forse. Dipende anche molto da Alice.
LUIGI: Allora è una cosa seria?
DAVIDE: Con Alice? È sempre una cosa seria.
LUIGI: In che senso dipende da Alice?
DAVIDE: Lei sta studiando, forse vuole rimanere in ambito universitario, tentare un dottorato…
LUIGI: Cosa studia?
DAVIDE: Passatempi umanistici.
LUIGI: Cosa c’entra col lavoro?
DAVIDE: Non c’entra niente. È giovane. Ha più futuro che passato. Ogni giorno ne pensa una. Non sa se continuare, se prende il dottorato, se no le piacerebbe aprire un’attività, tipo un bar, qualcosa così…
LUIGI: Con te?
DAVIDE: Non so se lei ci pensa davvero ma io un po’ sì.
LUIGI: Non sei ossessionato dal lavoro e vorresti aprire un’attività? Ma tu sei pazzo.
DAVIDE: Se fosse una cosa che mi piace, magari…
LUIGI: Non ti piace. Non fare come quelli che visto che gli piace stare al bar aprono un bar perché è tutto diverso da un lato all’altro del bancone.
DAVIDE: Mi piacerebbe fare qualcosa con Alice, qualcosa dove mettere la mia creatività. E aprire alle persone, no? Fare entrare la gente in un “da noi” dove gli altri stiano bene.
LUIGI: Sposati e fai la festa allora, non aprire bar. I bar sono attività commerciali.


La cameriera con le altre due grappe.


CAMERIERA: Ecco le altre due.
LUIGI: Com’è avere un bar?
CAMERIERA: Dici a me?
LUIGI: Sì.
CAMERIERA: Non lo so. Io non ho un bar. Ci lavoro.
LUIGI: Lo vorresti un bar tuo?
CAMERIERA: Ci verreste?
LUIGI E DAVIDE: Certo!
CAMERIERA: No, non lo vorrei un bar mio.
LUIGI: Vedi?
DAVIDE: Ma cosa vuol dire? Perché non lo vorresti un bar tuo?
CAMERIERA: Perché poi devi starci dietro tanto.
LUIGI: Vedi?
DAVIDE: Troppa sbatta?
CAMERIERA: No. Non so. A me piace lavorare.
DAVIDE: Infatti.
LUIGI: Ma a te no.
DAVIDE: Non è vero. Vedi che non hai capito niente di quello che ti ho detto.
LUIGI: Ma sì che ho capito.
DAVIDE: E allora non fare lo scemo. E allora?
CAMERIERA: Non mi va di dovermi legare troppo a un posto. Dovermi preoccupare. Poi magari qui ci lavoro tutta la vita, non vuol dire, ma se è di un altro mi sento più libera.
LUIGI: E con gli uomini è lo stesso?
CAMERIERA: Forse.
LUIGI: Ti sposeresti?
CAMERIERA: No.
LUIGI: Perché no?
CAMERIERA: Dei miei amici sono solo gli omosessuali che ci tengono.


Luigi e Davide ridono.


CAMERIERA: Voi siete sposati?
LUIGI: Io no. Con la stessa donna da quindici anni.
DAVIDE: Io più che altro divorzio.
CAMERIERA: Deve essere molto brutto.
DAVIDE: È come quando ti lasci. Però con in più la burocrazia.
LUIGI: Ce lo vedi lui a tenere un bar?
DAVIDE: Dai, che ti frega. Stavamo parlando d’amore ormai.
LUIGI: Di matrimonio.
CAMERIERA: Ma sì. Perché no?
LUIGI: Divorzia sempre!
CAMERIERA: Ma un bar mica lo devi tenere tutta la vita! C’è chi ne apre e chiude di continuo.
DAVIDE: Visto!


Un tuono terribile squarcia il cielo e fa ballare la luce nel locale.
La cameriera non si spaventa ma diventa molto seria.


CAMERIERA: (lentamente) È il temporale.

E rimane ferma a guardare fuori dai vetri.

DAVIDE: Che strano. Non metteva pioggia. Così, di colpo…
CAMERIERA: Avete bisogno d’altro?
LUIGI E DAVIDE: No, no.
CAMERIERA: Se mai mi chiamate.


Se ne va lentamente.


LUIGI: Era spaventata?
DAVIDE: La cameriera?
LUIGI: Per il temporale.
DAVIDE: Non metteva pioggia.
LUIGI: Sì, ma quindi spaventarsi?
DAVIDE: Ti sembrava spaventata?
LUIGI: Un po’.
DAVIDE: Il temporale fa sempre un po’ paura.
LUIGI: Non sempre. A me non fa paura.
DAVIDE: Se sei fuori? In un bosco?
LUIGI: Siamo in un bar.
DAVIDE: Appeso ad una parete rocciosa.
LUIGI: Siamo in un bar.
DAVIDE: E’ una cosa ancestrale. Alcuni magari non lo sentono, le tigri come te…
LUIGI: Certo.
DAVIDE: Allora è una paura ancestrale ma tu sei tutto razionalità e se sei nel cemento neanche ti viene in mente…
LUIGI: Dici che c’entra col fatto che mi sembra strano che i vivi possano innamorarsi dei morti?
DAVIDE: Dico che c’entra col fatto che ti sembra strano che uno possa avere paura del temporale solo perché non vive più nei boschi. Una volta eravamo cerbiatti.
LUIGI: Io tigre.
DAVIDE: Giusto. Un bel lampo. E un tuono fortissimo.
LUIGI: È qui sopra, è vicinissimo.
DAVIDE: Certo fa un po’ paura.
LUIGI: Una volta non pioveva così tanto, così all’improvviso.
DAVIDE: Colpa dei mangiatori di roast beef?
LUIGI: Non lo so. Ma questi temporali improvvisi così violenti non me li ricordo quando ero piccolo.


Uno scroscio d’acqua molto forte.
Arriva la cameriera.

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CAMERIERA: Quanta acqua.
LUIGI: Hai paura del temporale?
CAMERIERA: No. Però non me l’aspettavo.
DAVIDE: Il meteo non dava pioggia. (Guarda il telefono) Anche adesso continua a non dare pioggia.
LUIGI: Be’. Piove in un modo indiscutibile. C’è anche un gran vento.
CAMERIERA: Uh, guarda, tutte le sedie che volano, mi sa che le devo ritirare.
LUIGI E DAVIDE: No, no, non puoi uscire con questa roba, è pericoloso.
CAMERIERA: No, è meglio se ritiro…
LUIGI E DAVIDE: Ti aiutiamo!
CAMERIERA: No, che fate? Vi bagnate tutti.
DAVIDE: Anche tu.
CAMERIERA: Ma io ho il cambio.
LUIGI: Dai, ci mettiamo un attimo, non ti lasciamo da sola nella tempesta.


Escono. Si sente rumore di tempesta per un buon periodo.
Poi tornano i tre tutti bagnati. Ridono.


DAVIDE: Ecco. Adesso tu hai il cambio e noi no.
CAMERIERA: Vi porto qualcosa per asciugarvi.


La cameriera esce, i due rimangono in piedi.


LUIGI: Sicuro che vuoi aprire un bar?
DAVIDE: No che non lo sono. Era un’idea. Neanche un’idea, un pensiero.
LUIGI: Che roba.


Esaminano i loro vestiti.
Ritorna la cameriera con qualche straccio e un po’ di tovagliolini.


CAMERIERA: Ho trovato questi.


Si asciugano.


CAMERIERA: Volete mettere i vistiti sul termosifone?
LUIGI: E restiamo senza?
CAMERIERA: Non potete restare con quella roba bagnata addosso, vi pigliate un accidente.
DAVIDE: Ma se entra gente?
CAMERIERA: Saranno bagnati come voi. Ma non credo che venga gente con questo tempo (ride).
DAVIDE: Ha ragione.


Si spoglia.


LUIGI: Ma davvero ti spogli?
DAVIDE: Non voglio pigliarmi un accidente.
CAMERIERA: Bravo.
DAVIDE: Tu rimani così? Davvero?
LUIGI: Sono a disagio.
CAMERIERA: Coraggio! Ci hanno creati nudi.


Anche la cameriera si spoglia. E si asciuga.


LUIGI: Non mi sono mai spogliato in un bar.
DAVIDE: Neanche io. È strano.
CAMERIERA: Io sì. Tutti i giorni.
DAVIDE: Ma non hai tipo uno spogliatoio…?
CAMERIERA: Ma sì, ma sì.
LUIGI: (prende un respiro) Be’.


Si spoglia anche lui. Sono tutti e tre in underwear.
Davide salta, si batte il petto, fa il gorilla.
La cameriera ride.


LUIGI: Questo posso non farlo?


Davide continua.


DAVIDE: È liberatorio.


Luigi prova a liberarsi. Fa un urlo.
La cameriera scrolla i capelli bagnati, saltella e urla anche lei.


LUIGI: Non è così male.
DAVIDE: È fantastico.
LUIGI: Non è così male.
DAVIDE: Ora sono quasi sicuro. Mi sa che aprirò un bar.
CAMERIERA: Ma non è sempre così.
LUIGI: Non è mai così.
DAVIDE: Oggi è un giorno speciale. Un tempesta imprevista.
LUIGI: Un giorno speciale. Le previsioni meteo non ci hanno preso. Che giornata!
DAVIDE: (ispirato) Nooo! Oggi è uno di quei giorni nei quali tutto può succedere perché si intuisce che tutto può succedere. Che le cose hanno senso anche senza averlo. Mi capisci?
LUIGI: Non credo.
DAVIDE: Tu sì, vero?
CAMERIERA: Forse. Mi sembra di capire. Ma non so se capisco la stessa cosa che intendi.
DAVIDE: Sì che capisci. E anche tu se ti lasci andare.


Ricomincia a fare la danza del gorilla. Anche gli altri due fanno gli animali.


DAVIDE: È un giorno speciale. Come tanti. Mi capisci?
LUIGI: Sì che capisco.
DAVIDE: Domani magari sarà difficile. Ma oggi no.
LUIGI: Oggi no.


Continua a piovere.


Elena!
DAVIDE: Bravo!


La cameriera ride e applaude.


DAVIDE: Ce la faremo.
CAMERIERA: Ce la dobbiamo fare. Vi posso offrire qualcosa?
DAVIDE: No, non te ne andare.
CAMERIERA: Torno subito. Va bene un prosecco?
LUIGI: Che freddo. Un rosso?
DAVIDE: Ma non fa pum.
CAMERIERA: Lo facciamo con la bocca.
LUIGI: Va bene.


La cameriera esce.

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DAVIDE: Potrei innamorarmi.
LUIGI: Lo farai?
DAVIDE: No. Davvero, no.


Torna la cameriera. Apre il vino.


CAMERIERA: Pronti?


Annuiscono.


CAMERIERA: Via.
TUTTI E TRE: Pum.


Versa il vino.


DAVIDE: A cosa brindiamo?
LUIGI: Dobbiamo fare un brindisi?
CAMERIERA: Non c’è bisogno. Forse possiamo bere e basta.
DAVIDE: Forse sì.


Sorseggiano lentamente il vino guardandosi. Ogni tanto ridono.


LUIGI: Che bello.


La tempesta continua ad infuriare…
… buio.

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