Scopo mio cugino mentre dorme era il video più acquistato nella vetrina del profilo di Paolo. Aveva chiesto a Jack Bare d’interpretare il ruolo del cugino addormentato. Jack Bare, cioè Giacomo Dalmasso, era uno degli attori più seguiti della piattaforma. Era stato lui a suggerire il titolo del video (“Con i rapporti di parentela si va sempre sul sicuro”). I due abitavano nella stessa città e avevano frequentato lo stesso liceo. Giacomo aveva un neo su una guancia, i denti sbiancati e il culo depilato. A Paolo aveva fatto un certo effetto, vederlo nudo: si era ricordato degli insulti che quello riceveva quando sculettava per i corridoi della scuola.
«Non sapevo che anche tu fossi gay» gli aveva detto Giacomo mentre s’infilava il sospensorio.
«Non lo sono, infatti».
«Ah. Sei uno di quelli».
«Cosa significa uno di quelli?»
Giacomo non aveva risposto. Si era sfilato la maglietta e l’aveva lasciata cadere sul pavimento; poi, una volta a letto, aveva gattonato fino al bordo del materasso. «Allora?» aveva chiesto a Paolo, che era rimasto dov’era, immobile. «Vuoi fare sti soldi o no?»

*

Paolo in sole quarantotto ore aveva guadagnato più di quanto avesse guadagnato con i suoi video precedenti di seghe in solitaria. Aveva guadagnato una cifra che, pressappoco, superava la somma dei suoi ultimi tre stipendi di saldatore.
Quel giorno aveva sorpreso la sua ragazza con una cena in un ristorante che avevano visto in un reality.
«Sei felice?»
Lei aveva annuito. Non aveva fatto domande sulla piattaforma, né sul video che, senza dubbio, aveva guardato. Francesca conosceva la nuova occupazione di Paolo. Quando lui era ancora agli inizi, gli aveva chiesto se quel secondo lavoro fosse “proprio necessario”; Paolo si era limitato a rispondere di sì.
Tornati a casa dal ristorante stellato, avevano fatto sesso. Era stato Paolo a prendere l’iniziativa; sapeva di doverlo fare per ristabilire l’equilibrio nella coppia. Mentre scopavano, Paolo aveva simulato un piacere che non provava, infestato dalle immagini del rapporto con Giacomo, immagini viste da qualcuno che guardava dall’esterno, attraverso lo schermo del cellulare o del PC.

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La proposta gli era arrivata un mese dopo l’uscita di Scopo mio cugino mentre dorme.
Raramente rispondeva subito ai nuovi messaggi sulla piattaforma, soprattutto dopo l’uscita del video, perché sapeva che si trattava di disperati in cerca di foto. Stavolta, però, notando che a scrivergli era stato un utente verificato, un certo The_Judge, aveva fatto eccezione.
Il messaggio diceva: Ti ho visto in azione e mi piaci moltissimo. Vorrei vederti di persona per farti una proposta. È previsto un grosso compenso. Massima riservatezza.
Giacomo lo aveva messo in guardia su quel genere di proposte («Gente malata che è disposta a pagarti ottomila euro per dargli da bere il tuo piscio»). Gli aveva anticipato che quelle proposte sarebbero arrivare anche a lui, una volta acquisita una certa notorietà. Paolo aveva reagito con disgusto, ma segretamente lo aveva invidiato per la sua notorietà, per i soldi, per il corpo.

*

La posizione che The_Judge gli aveva mandato su WhatsApp portava a un palazzo storico davanti al quale Paolo era passato spesso, negli anni dell’università. Sopra e sotto il citofono c’erano placche di metallo dorato e argentato con nomi di medici e avvocati.
L’uomo che aprì la porta e lo salutò aveva la stessa voce dell’uomo con cui aveva parlato al telefono qualche giorno prima. Era The_Judge. Portava una camicia bianca sbottonata sul petto rasato e, notò Paolo con una punta di stupore, era scalzo.
I due si strinsero la mano e poi The_Judge si fece da parte per lasciarlo entrare. L’appartamento non assomigliava per nulla a quello che Paolo si era immaginato salendo le scale; era enorme, senza pareti divisorie, con tubature e impianti a vista. C’erano altri tre uomini in casa, seduti intorno a un grande tavolo di metallo.
Paolo, che era rimasto vicino alla porta d’ingresso in attesa di The_Judge, sentì il corpo contrarsi.
«Prego, prego» disse The_Judge, toccandolo sulla schiena. «Vieni a sederti con noi».
Paolo lo seguì. Rifiutò il cocktail e la birra che gli offrì The_Judge. Gli altri lo guardavano incuriositi.
«Bene, allora passerei subito alla nostra proposta» disse The_Judge, dopo aver espirato profondamente. Aveva una voce rauca, virile. Un accenno di barba gli chiazzava le guance e il mento. «A noi piacerebbe molto vederti stuprare un ragazzo» disse.
Paolo trattenne il respiro. Istintivamente, serrò le ginocchia e strinse i glutei. Guardò prima gli altri uomini – annuivano –, poi di nuovo The_Judge. «Stuprare?»
«Esatto».
«Ma in che senso?» Paolo aveva la gola prosciugata.
«Nell’unico senso possibile» rispose The_Judge, con un sorriso malizioso. Gli altri uomini ridacchiavano.
«Per finta, giusto?»
The_Judge non rispose.

*

Al centro della stanza, un letto illuminato dalla luce fredda di una torcia. Al centro, il ragazzo era disteso pancia in su, le mani legate alla testiera, una benda sugli occhi. Indossava solo una gonna rosa.

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