Camminando stretto nel cappotto in Corso Italia sente freddo e ha fame, eppure, sarà bene ricordarlo, non è un senza tetto, anche se a volte ci si sente: è uno scrittore. Senza tetto… certo che se facesse un altro mestiere, un mestiere normale, dico io, il mio lavoro sarebbe più semplice, ma ad ogni modo: nel grande spaesamento generale, anche lui sente di averlo un tetto sulla testa, o un guscio sulle spalle, più che altro. Chi lo conosce almeno un po’, da quel che ho sentito dire in giro, gli domanda di continuo cose di questo tipo: ma si può sapere tutto il giorno tu che fai, che alla sera sei uno straccio? E lui per tutta risposta vorrebbe abbaiare, anche se non rabbiosamente, e dire che si sente prossimo a un quadrupede da slitta in verità, a trascinarsi dietro sulla pista di ghiaccio un grande carico che sbanda, che aumenta ogni minuto.      

lorenzo barisi,racconto breve,racconto breve in prima persona,racconto breve pdf,racconto milano,racconto inedito,inedito racconto


La situazione del mio protetto è rimasta pressoché inalterata rispetto all’anno precedente. Ha pubblicato tre racconti, di cui uno solo pagato, su tre diverse riviste letterarie milanesi, una buona, le altre due insulse. In più ha piazzato due articoli di critica, entrambi pagati, su due testate minori che dal passato godono ancora di una qualche autorevolezza, ma che lui per primo, lo scrittore, sa che ormai non valgono più niente, o ben poco. Per il resto continua ad arrabattarsi come può, con lavoretti e occupazioni per lo più ridicole, che tassativamente non abbiano a che fare con editoria o letteratura; predilige i lavori di fatica.      
Vive solo, alle soglie dell’indigenza, eppure continua a lavarsi, a radersi e a tenere in ordine il suo monolocale di Precotto, e ormai può ben dire di non abitar più in periferia. Ciò che però non lo rallegra, poiché l’anziano padrone di casa deve aver mangiato la foglia – la zona ha cambiato connotati – e da qualche mese ha inaugurato la preoccupante abitudine di minacciarlo, per telefono, di raddoppiargli l’affitto. Il mio protetto è ancora giovane, di bell’aspetto, se fosse un cavallo lo definirei aitante; tuttavia, nella convinzione un po’ infantile che una partner fissa lo privi del tempo di scrivere, di quando in quando va a donne. Dopo le 22, con cadenza parasettimanale, frequenta la circonvallazione esterna sud, preferibilmente Viale Cassala, Viale Bezzi e vicoli limitrofi, fino a Lotto. Si fa un bel pezzo di strada per pagare meno, da Precotto a Lotto spacca Milano in senso longitudinale, per il puro gusto esotico e un po’ rischioso del sesso a buon mercato, a bassissimo coefficiente di distrazione. In generale non disapprovo la cosa, ma nelle sue condizioni economiche andare a puttane è deleterio. Non sembra importargli granché, del resto: il gioco, gli ho sentito dire una volta, vale ancora la candela.

lorenzo barisi,racconto breve,racconto breve in prima persona,racconto breve pdf,racconto milano,racconto inedito,inedito racconto


Stretti in una mano un sacchetto di birra e un altro con dei libri, in questo momento è seduto in metropolitana, M1, diretto verso casa; due vecchietti all’impiedi, avvinghiati a braccetto, lo guardano benevoli. Avranno centomila anni, i due anziani, che si amano da un pezzo si vede da un chilometro. Dovrebbe alzarsi, farli sedere. Poter sorridere a quel modo, penso io, alla loro età sumera… anche lo scrittore dovrebbe darsi da fare in quella direzione. Io cerco di aiutarlo naturalmente, sono anni che ci provo, ma le nostre linee guida in materia d’interventi sono piuttosto rigorose. Malgrado infatti i nostri poteri e la formazione superiore che abbiamo ricevuto sopravanzino di molto l’entità delle nostre mansioni, da contratto noi Angeli Custodi possiamo limitarci esclusivamente alla manipolazione del materiale onirico dei nostri protetti, e alle operazioni di pilotaggio delle coincidenze quotidiane e di tutti quei fenomeni relativamente oscuri quali déjà-vu, jemais vu, flashback, epifanie e via dicendo. Malauguratamente però è dal tempo dei mistici medievali, come minimo, che nessuno dà più retta ai sogni, e le coincidenze, insomma, quelle bisognerebbe almeno saperle riconoscere. Sono quattrocento anni che il SACAM (Sindacato Angeli Custodi degli Artisti Milanesi) si adopera per far passare una riforma. Assurdamente infatti sono proprio i nostri protetti, più di altri, i meno avvezzi a riconoscere nei sincronismi biografici e nell’attività notturna del sistema nervoso centrale dei segnali dal cosmo chiari e irrefutabili. Ma ai piani alti fanno ostruzionismo, anche se francamente non ne intuisco il motivo, cosicché noialtri siamo costretti ad andare avanti a suon di scioperi generali, seguitando a farci il sangue amaro appresso questo ordinamento paleolitico.      
I due anziani in metrò, dicevamo, osservano il mio protetto quasi commossi, sembrerebbe. Lui però nella mano tiene un libro e nell’altra appunto ha i due sacchetti, e degli anziani si accorge a malapena, quando a un certo punto tira su lo sguardo per controllare di non perder la fermata. Sono io che vedo i due vecchietti e che dall’alto osservo tutto, e so che lo scrittore lì per lì, nel suo modo di ragionare tortuoso e paranoico, avrà formulato un pensiero pressappoco così: mi starò perdendo qualcosa, quando mi accorgo di un fatto oltre queste pagine e comunque preferisco non starmene che qui, da questo lato del confine? Sto sbagliando o c’è di meglio? Là fuori, dico. Qui dentro. E cambierà poi qualcosa? Presto, ad ogni modo, smette anche di porsi interrogativi di questo genere, e si ributta ad annegare.        

lorenzo barisi,racconto breve,racconto breve in prima persona,racconto breve pdf,racconto milano,racconto inedito,inedito racconto


A Precotto infine scende, fuori è buio. Ma siccome uscendo dalla metro lo scrittore tiene ancora in mano il libro e legge, e siccome via Guanella di norma è corazzata di merda di cane e talvolta anche di umani, e siccome da sopra gli alberi alti che fiancheggiano la via e le case il sole dei lampioni filtra male e non arriva a illuminar le pagine ma le chiazza, le chiazza di continuo, istoriandole di glifi e macchie grigie semoventi, e poiché già lui ci vede male e col passare del tempo sempre meno, egli insomma è solito leggere camminando in mezzo alla strada, questo screanzato, proprio in mezzo, arrivando dritto a perpendicolo rispetto al suo portone, come fosse un ubriaco, oppure un motorino. Da quante auto l’ho salvato, in questi anni, io non lo so più. Che coincidenze volete che intuisca, questo qui. Ma se adesso il SACAM per esempio indicesse sciopero, e io aderissi, che fine orrenda toccherebbe, a questo disgraziato?           
Ad ogni modo arriva a casa, in qualche maniera, ci arriva sempre, e il più delle volte a casa ritrova la sua stanza esattamente come l’aveva lasciata: la sua roba, i suoi libri, i piatti sporchi, i mozziconi di sigaretta nei posacenere – quattro, per l’esattezza, uno alla finestra, uno in camera, uno in cucina, uno in bagno – e si mette ad armeggiare col cervello. Più il tempo passa, però, più è stanco il mio protetto, e vorrebbe solo… be’, non saprei, questo proprio non lo so, che cosa vorrebbe, dico, io non lo so proprio. Su un foglietto di carta appicciato al muro di fronte al quale sta a computer ha scritto in maiuscolo SCRIVI MANGIA DORMI SCOPA, NELL’ORDINE CHE VUOI: ANDRÀ TUTTO BENE. Lo guarda sempre, quel foglietto, prima di mettersi a lavorare: a volte aiuta, a volte no. Potrebbe mollare tutto da un momento all’altro, sente che potrebbe decidere di andarsene, magari in Francia. Io a quel punto dovrei passare l’incarico a un mio collega d’oltralpe. Mi dispiacerebbe forse. Non troppo.