E la roccia non diventa forse un tu a tutti gli effetti nel momento in cui le rivolgo la parola?

Novalis, I discepoli di Sais

Paesaggio non è solo la veduta naturale su cui posiamo lo sguardo. Non è solo il territorio che fa da fondale alla nostra esperienza e ospita la nostra storia. Il paesaggio è un luogo immaginato e ritrovato. L’idea di paesaggio che emerge con imperturbabile evidenza dai quadri di Silvia Codignola è sorella del concetto di mindscape, un neologismo che fa del paesaggio un luogo psichico. Non il belvedere, le colline toscane, il golfo del Tigullio: i mindscapes sono luoghi sospesi tra mondo interno e mondo esterno. Sono i luoghi della nostra soggettività: abitano la memoria e lo sguardo, esprimono la nostra connessione con la storia familiare e collettiva, fondano la nostra dimensione estetica. Se landscape è il paesaggio come scena naturale, mindscape è il paesaggio come scena psichica: lo guardiamo perché ci ri-guarda. 

Nel romanzo Babilonia, Yesmina Reza scrive una frase che sembra descrivere il lavoro di Silvia Codignola: «Non si può capire chi sono le persone fuori dal paesaggio. Il paesaggio è fondamentale. La vera filiazione sta nel paesaggio. La stanza e la pietra non meno che il taglio del cielo». Eccoli, i quadri di Silvia: la stanza, la pietra e il taglio del cielo. Tra la casa e il bosco, la madre e il mare. 

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Il salone

Per salvare l’ambiente, psichico e naturale, dobbiamo imparare a guardarlo, raccontarlo,  dipingerlo. Qualunque racconto parte da una verità personale, occorre poi dimenticarlo per ritrovarlo. È il materiale della narrazione, il dialogo continuo fra realtà, memoria e immaginazione. Dire che gli scogli e i cieli di Sestri Levante abitano i ricordi di Silvia Codignola è come dire che ne abitano i sogni. Percezioni visive che diventano visioni mentali, dialogo genetico-culturale, primo incontro con il volto di chi ci ha guardato. O ha distolto lo sguardo. Ogni viso nasconde un paesaggio e ogni paesaggio è abitato dall’enigma di un viso amato. I filosofi Deleuze e Guattari coniano l’espressione paysage-visage. «Tua madre», ci domandano, «è un paesaggio o un viso?». Lavorando al confine del sogno e della memoria – al confine del paesaggio – Codignola coglie con maestria la relazione intima, toccante, che esiste tra il paesaggio e la storia dei suoi affetti. Ed è questo che trasforma un landscape in un mindscape, un oggetto del mondo in un oggetto della psiche. 

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Amaca
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L’amaca

A poem is an arrest of disorder, dice il poeta Robert Frost. A momentary stay against confusion. La bellezza ineffabile dell’opera di Silvia Codignola è in questo arrest of disorder, nella conquista, senza sforzo apparente, di una sospensione muta e terapeutica. Gli scogli piatti e la nudità di un interno domestico. L’amaca come momento di oscillazione immobile nel bosco, solitudine dove la mente si fa estatica. Le luci della casa, la madre che legge mentre una ragazza dorme sul divano. Arresti del tempo che hanno il carattere di una malinconia vitale, la consapevolezza del tempo e della caducità, la bellezza dei silenzi. Come in una poesia di René Char che, pur così invernale, abbraccia idealmente le luci d’estate del paesaggio primo di Silvia Codignola: «Un passo di fanciulla / Ha carezzato il viale, /  Ha traversato il cancello. / Nel parco dei Névons / Le cavallette dormono. / Brina e chicchi di grandine / Introducono autunno. / Tocca al vento decidere / Se le foglie saranno / A terra prima dei nidi». 

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Studio scogli
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Scogli, figure, totale
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Gli scogli

I quadri di Silvia Codignola saranno esposti dal 5 aprile alla galleria Maja Arte Contemporanea di Roma.