Emilio non capisce perché deve andare a scuola, perché lui sì e suo fratello Giacomo no. 

Perché lui ogni mattina deve sopportare quella sveglia terribile che invece la vorrebbe spaccare quando la sente. Ogni volta che la sente suonare pensa a come farla esplodere, invece no, macché esplodere, deve aprire gli occhi, uscire dal letto e alzarsi in piedi. 

Lui, lui che fa una enorme fatica persino a aprirli tutti e due gli occhi, perché non c’è cosa che a Emilio piace di più che dormire, soprattutto quando fuori è buio e freddo. E allora perché Giacomo si sveglia sempre senza problemi, anzi, prima ancora che suoni la sveglia Emilio lo sente che fa i suoi urli, che parla, chiede qualcosa, probabilmente chiama la mamma. 

Il fatto è che lui è sempre già sveglio, Emilio non fa in tempo a aprire gli occhi che sente pesante lo sguardo di suo fratello Giacomo su di sé. Che poi non è proprio lo sguardo, perché Giacomo non ce la fa a girare la testa per vederlo, ma lui lo sente comunque addosso. Si sente quegli occhi marroni che lo puntano come il mirino di un fucile, anche se lo fanno dal corridoio. 

Di solito ancora prima che passi con la mamma, perché quando poi passa vuole sempre affacciarsi in camera del fratello e se la mamma non lo ferma lui strilla. Infatti lei lo ferma sempre e gli dice quasi sempre la stessa frase Allora, guardiamo un po’ se il tuo fratellone è sveglio, su. E quando sente quella frase Emilio sente che Giacomo si muove, che sbatte la schiena contro la carrozzina, perché è felice. 

E allora non gli sembra giusto che lui debba uscire di casa e Giacomo no. 

Non dovrebbe neanche togliersi il pigiama, lui, nemmeno lavarsi i denti, vestirsi e invece lo fa. Lo fa sempre, tanto che quando passa dalla sua camera le ha già fatte tutte queste cose e profuma di dentifricio e di pulito, invece Emilio non è ancora nemmeno riuscito a tirare giù le gambe dal letto. Non tutte e due almeno, di solito una sola, e sta lì che aspetta la forza di buttare giù anche l’altra. 

Anche se poi Giacomo quelle non sono mica cose che fa da solo, le fa sempre la mamma per lui. Lui ride, e basta. E sbava, anche, un po’ sbava, ma non è colpa sua e poi la mamma lo pulisce sempre. Lui ride, e quando ride la mamma ride sempre con lui, e scherza anche e poi lo accarezza e lo bacia e allora Giacomo ride tantissimo e fa tutti dei versi che vogliono dire che è proprio contento. 

Chissà come farà la mamma a scherzare sempre, si chiede Emilio. E anche a capirlo. Forse perché sono sempre insieme, forse ridono perché hanno tutto un loro modo senza parole di capirsi. 

Quando poi Emilio ormai si prepara per uscire di casa per andare alla schifosa scuola gli sembra quasi che Giacomo vorrebbe dirgli qualcosa, anche se Giacomo non parla, però lo guarda strano e a quel punto dovrebbe chiedere alla mamma cosa vuole, perché lei lo sa tradurre, ma lei è di schiena, probabilmente si sta facendo il caffè e allora Emilio lascia stare e mentre si allaccia le stringhe strizza un occhio al fratello. 

Quando sta per uscire di casa la mamma lo ha già portato in cucina e lo ha messo sulla sua sedia. Emilio prende la merenda dal tavolino e li saluta. 

Ci potrebbe giurare che a Giacomo dispiace non andare con lui, infatti lo saluta sempre e gli dice anche qualche stupidaggine per distrarlo e per farlo ridere. Perché Giacomo non parla, ma capisce tutto quello che Emilio gli dice e sa ridere. Eccome se sa ridere. 

Quando poi lui ride anche la mamma è più contenta, si vede. Emilio lo vede, anche se lei è di spalle, ma si vede che quando sente Giacomo ridere le si rilassa il collo. 

E poi Emilio lo distrae perché a Giacomo dispiace rimanere a casa, è chiaro. Infatti non capisce proprio perché Giacomo non vada a scuola con lui. È vero che è grande, ma ci sono tanti ragazzi grandi che hanno ripetuto le classi.

Emilio poi è proprio sicuro che Giacomo sarebbe più felice se potesse uscire, magari prendere il pulmino sarebbe complicato, ma andare a scuola gli piacerebbe e poi ci potrebbe pensare lui a aiutarlo. E la sua mamma sarebbe libera, invece di stare sempre a casa con lui che poi le vengono le borse sotto agli occhi perché non lo dice, no certo, non lo direbbe mai, ma è stanca, si vede che è sempre stanca.

Prima di uscire gli elenca che cosa ha messo dentro la scatolina della merenda, chissà perché è sempre precisa persino a dirgli quello che ha messo dentro il panino. Ogni mattina gli dice anche che non ci ha messo il sale. 

Emilio non la ascolta però, per lui tanto è uguale, a scuola non ha mai fame e dà sempre la merenda al cane che abita sull’angolo di casa sua, vicino alla fermata dell’autobus. È un cane simpatico e mangia tutto, anche i cetrioli. Solo che il sale fa male ai cani e per quello lui ha chiesto alla mamma di non salare il panino. Poi lei forse ha paura di scordarselo e allora lo ripete ogni mattina. Fa spesso così la mamma, siccome si scorda le cose alla fine fa prima a ricordarsi quello che si scorda ripetendolo a voce alta. 

Lui non deve nemmeno essere l’unica persona che dà da mangiare a quel cane, perché ogni tanto trova qualche avanzo sul muretto e con le dita lo spinge al di là della rete. 

Si è reso conto che più di tutto gli piacciono le carote, perché quando Emilio gliele dà lui è felice. Proprio felice che sembra rida, anche lui fa come Giacomo, quando per la gioia non riesce a stare fermo e sbatte la schiena sul sedile della carrozzina. Quel cane salta invece, fa le giravolte per aria e poi corre. 

Le carote, pensa Emilio, che strano. Almeno la sua mamma è contenta quando lui le chiede di metterle delle carote nella scatolina, è convinta che le mangi. 

Mike, ecco, se avesse un cane lo chiamerebbe Mike, invece non sa nemmeno come si chiami lui e un po’ gli dispiace, sarebbe bello poterlo chiamare per nome, solo che come si fa con un cane, mica gli si può chiedere Oh, e te come ti chiami? Lui non risponde, anche se poi non serve, perché quel cane sa quando arriva il bus e sta sempre lì, sempre col naso alla rete che lo aspetta. 

Il naso, quando invece lo mette lui il naso fuori di casa pensa subito che ha sonno e che è freddo e per un attimo si dimentica anche che Giacomo rimane in casa e che lui non va a scuola. Di solito deve tenersi stretto lo zaino alle spalle con le mani e correre alla fermata dell’autobus, perché è sempre un po’ in ritardo, allora a quel punto corre e non pensa a nulla. 

Alla fermata poi invece ci ripensa, si guarda intorno e pensa proprio a come potrebbe aiutare suo fratello a salire sul bus. Non sarebbe poi così difficile, perché tanti autobus sono attrezzati per la carrozzina, certo non tutti, però la mamma potrebbe accompagnarli fino alla fermata e aiutarli a salire. Anche se poi quando vede arrivare gli autobus un po’ più vecchi pensa che no, su quelli proprio non riuscirebbero e allora un po’ ci rimane male, perché non gli sembra giusto, povero Giacomo. Poi quando gli viene pensato quel “povero Giacomo” si innervosisce, perché suo fratello non è povero, per nulla. Anzi. 

Quando arriva il suo bus però si distrae, sale e se ci sono i suoi amici parlano di fumetti, c’è sempre qualcuno con un fumetto nuovo e un ragazzino che è arrivato da poco ne ha di belli, proprio. Anche se sono una saga e infatti certe battute non le capisce al volo, quel bimbo gliele deve spiegare, un po’ gli scoccia farsi spiegare le cose infatti spesso fa finta di capire, però i disegni sono proprio belli, lui non li aveva mai visti dei disegni del genere. Quando parla con lui di fumetti si dimentica di casa sua, è come se la mamma e il fratello insieme al tavolo di cucina, al corridoio, è come se tutto scomparisse alle sue spalle mentre il bus si allontana. Allora Emilio è solo lui.

Anche a scuola è solo lui. Sono tante ore, a volte succedono cose belle, altre si annoia, non ama la scuola, per fortuna ci sono dei compagni simpatici, non sono tanti, ma gli amici sono pochi. E così tutti i giorni, fino alle quattro. 

Fino a quando torna a casa e allora quella loro presenza torna a brillare davanti a lui e riempie lo spazio di tutta la vita che è andata avanti anche mentre lui non c’era e fa come fanno i fuochi d’artificio nel cielo d’estate, che sembra vogliano riempire tutto il buio. Emilio si siede al tavolino, la mamma gli passa la merenda e lui racconta a loro la sua giornata, cosa ha fatto a scuola, di che hanno parlato durante la pausa e spesso un po’ le cose se le inventa anche, infatti quando un po’ esagera la mamma lo guarda storta e lui allora smette. 

Ma non lo fa per vantarsi o chissà che, è che a lui raccontare piace. Si diverte proprio quando può aggiungere dei particolari che gli sembra di poter dar loro vita, e movimento. E allora gli racconta le storie dei fumetti, glieli mima e quando ce li ha glieli fa anche vedere e gli sfoglia le pagine e Giacomo si muove tutto che non riesce a stare fermo e la plastica della sua sedia di cucina fa rumore, che a volte la mamma arriva e gli mette le mani sulle spalle e cerca quasi di calmarlo, ma invece lo accarezza e si appoggia a lui, delicatamente, per ascoltare Emilio. E poi lo guarda e sembra quasi che gli dica di sì, che va bene così, che continui pure a raccontare, perché anche a lei piacciono quelle storie. 

Perché un giorno Emilio lo disegnerà lui un fumetto, o forse piuttosto lo scriverà e qualcun altro farà i disegni, perché Emilio ci ha provato ma non è bravo coi pennarelli, però le storie se le inventa eccome, lo dicono anche le maestre. 

E poi lui un super eroe ce l’ha, anche se ogni tanto sbava, ma il suo è un super eroe felice, che sorride sempre e che non sta mai fermo, perché lui quando ride, ride con tutto il corpo, non è mica da tutti avere una risata capace di dimenare tutto il corpo e poi lui è quasi contagioso che viene voglia di ridere anche a chi lo guarda. 

Deve solo capire dove infilare il motore nella carrozzina e come mettergli le ali perché voli alta e lontana nel cielo, là dove vorrà lui, anche a scuola se così vuole, e allora via, a farsi conoscere da tutti e a divertirli, quei tutti.