Una rotazione semicopernicana è avvenuta in modo netto durante le collezioni uomo (autunno/inverno 2024-25) sfilate nelle ultime settimane a Milano e Parigi e quindi subito apparsa sotto gli occhi di milioni di persone a Sanremo. Questo è successo, se di “succedere” si può parlare in questi casi, in mezzo a quanto sta accadendo in ogni ambito della vita vera. Scompaiono, anonime, le donne (tranne, a sorpresa, l’elegantissima scelta di usare solo vintage/archivio di Lorella Cuccarini). Ma per i ragazzi è tornato – rispetto al passato – l’abito della domenica. Già. È il momento “maschile” in cui il lavoro nel mondo si fa friabile, sgusciante, inesistente e nei casi migliori non più desiderabile. È un momento in cui all’esterno sfilano i trattori appunto (mai così trendy, il workwear, tanto da generare pure lo scandalo U-power). E allora tanto vale abbandonare lo stile casual/confort del travaglio dello sgobbare digitale o della disoccupazione sportwear. Come da un bel po’ si è osservato e praticato, è nelle occasioni di alto divertimento o esposizione di sé – o per tutti semplicemente nel vecchio caro weekend (e sì che sembrava scomparso, desueto) – che si va a sfoggiare la botta vera. È lì che si tira fuori l’argenteria, l’artiglieria tessile. Senza risparmiarsi, tanto più sul palco dell’Ariston. È quello che accade nel movimento classico (maranza inclusi, anzi) tra centro e periferia ogni fine settimana, e che le superstar del nuovo pop anche italiano improvvisamente hanno iniziato a rappresentare. Lo si vede pure nelle nuove alte occasioni della vecchia e arricchita nuova alta borghesia dei venticinque-quarantenni – fascia di mercato di riferimento assoluto. E figurarsi a Sanremo

Sanremo e la moda,abiti al festival di sanremo,moda maschile a sanremo,moda maschile al festival di sanremo,Mahmood,mahmood e prada,carlo antonelli,Amadeus e castelli,abiti amadeus,jw anderson

È così che zitte zitte, poche settimane prima, le collezioni uomo si erano di nuovo riempite di “completi” (anche qui, parola che pensavamo seppellita) e persino di cosine da sera, spolverini svolazzanti da mettere senza niente sotto. Perché almeno una cosa tra quelle così tradizionali sembra in estinzione: la camicia. Totalmente scomparsa da tutti i protagonisti del palco-utero genialmente propinato ad Amadeus dal veterano Castelli. Sembra un lavoro di arte femminista di Judy Chicago, a segnare comunque la dominazione della Donna su tutti quanti. Sotto l’imperante giacca (o bolerino, pazzamente riesumato), si va a petto nudo in fuori – tonico o twink – secondo una secolare lezione di Giorgio Armani che viene evocato spessissimo come riferimento, e infatti qui presente con Emporio. Ecco così che il nuovo corso Gucci ha trionfato – senza esserci, snob – nei tagli articolati e smooth dei pantaloni e nelle uscite più trionfali, (perché Di Sabato nasce come grande modellista, anzitutto) rievocando gli anni Novanta e Duemila, epoche in cui il brand andava riccone via Tom Ford ma molto più morbido. E copiate a man bassa dai cantanti qui.

Ma è ormai pure imperante il tema del postwork. Come da Prada con Mahmood in pelle per combattimenti di strada ormai alle spalle. 

Ancora tempo liberato (come si diceva una volta)

Questo contenuto è visibile ai soli iscritti

Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo.

Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.