Non esiste per ora nel 2023 alcun evento di entertainment o “stile” (o quel che è) in grado – e del tutto a sorpresa – di generare nel mondo reale le onde che ha appena iniziato a creare l’Halftime Show al Super Bowl di Rihanna il 12 febbraio scorso. Impossibile sgranare a uno a uno l’enormità di livelli della faccenda (occhio, stiamo sempre parlando di “enormità” per l’intrattenimento, sia chiaro). E la conversazione, e la pratica “a specchio”, sono appena iniziate.
Proviamo allora a mettere il punto sulle cose più importanti.
1) Rihanna – salvo il tema di Black Panther Wakanda Forever – è ferma da un numero pazzesco di anni per essere una professionista contemporanea, ossia dall’uscita di un album nel 2016; non solo, gli ultimi tour erano stati un disastro, con ritardi, impreparazioni, e una voglia di non fare una mazza che si vedeva da chilometri. La scelta di affidarle il supershow è stata bizzarra e azzardata; la nostra, però, non ha battuto ciglio e ha tirato fuori il suo intero canzoniere e basta, senza sforzi aggiuntivi. Primo punto a suo favore: maximum relax.
2) Rihanna ha “rivelato” di essere incinta e di sentirsi molto a suo agio per questo. Niente di nuovo? Be’, no. L’architettura tutta rossa del suo corpo è stata costruita intorno a questa condizione fisica (esibita in modo magistrale, peso compreso) da Jonathan Anderson per Loewe, con una tuta tecnica in grado di consentire movimenti elastici e con una zona bustier torso/seno (post-Mugler/Gaultier/Schiaparelli) assolutamente geniale, perché meta-erotica e pienamente prenatal. Le trainer Salomon+Maison Margiela facevano il paio, comodità assoluta. Lo stesso vale per il piumino-stola di Alaïa, omaggio peraltro a una figura geniale dell’immaginario black queer quale André Leon Talley. Nel complesso, una regina (Wakanda, appunto) e una futura mama caraibica con tanto di nonchalance e, a tratti, qualche lieve scazzo sbruffone, meravigliosamente tradizionali. Con questo la nostra prende una rivincita molto secca rispetto all’Imperatrice. Indefessa secchiona, la Sovrana Assoluta (vedi il ritardo stizzito agli ultimi Grammy, nonostante la stravittoria, per non aver agguantato i due premi principali), Beyoncé, rimane siderale, specie musicalmente senza alcuna possibilità di dubbio, ma è pur sempre una che fatica dal mattino alla sera, pure a Natale, si direbbe a Napoli. La caraibica caracolla tutta puffettosa, sospesa sulla famosa erba naturale del campo di Glendale in Arizona, e sembra quasi che faccia le bolle col chewing gum. Chapeau.
Questo contenuto è visibile ai soli iscritti
Snaporaz è una rivista indipendente che retribuisce i suoi collaboratori. Per esistere ha bisogno del tuo contributo. Accedi per visualizzare l'articolo o sottoscrivi un piano Snaporaz.