C’è chi tiene in mano il portafoglio perché è proprio color BigBabol. “Il viola vale comunque?”. “E il cipria sbiadito?” si chiede qualcuno guardandosi attorno. “I tuoi pantaloncini non sono rosa” dice la fidanzata al fidanzato, “però, almeno, sono Emporio Armani”. Si baciano. Più in là ci sono cinque amiche vestite in modo quasi identico: le canottiere vanno dal fucsia al fucsia con nappe brillantinate; gli shorts sono tutti bianchi e giroculo. Le scarpe invece o sono Nike nere con la suola spessa o Converse alte fino alla caviglia. C’è, insomma, una bella atmosfera di unicità universale. 

Al cinema di Pisanova non ti fanno la foto se ti vesti di rosa per andare a vedere Barbie, l’ultimo film di Greta Gerwig (scritto insieme a Noah Baumbach), ma in molte altre parti del mondo sì. Questi sono gli effetti di Barbie sulla gente, oppure quelli di una grande costruzione di marketing per promuovere e assolvere un prodotto ambiguo come la bambola più popolare e normativa/normativizzante in assoluto. Un po’ come le quote rosa o le donne elette alle più alte cariche del governo: andrebbe bene se servisse a cambiare il sistema patriarcale, ma poi? Il giorno dopo che cosa accadrebbe? Ecco forse un motivo per andare a vedere Barbie: perché il film finisce dove dovrebbe iniziare.

Le prime scene sono una parodia grottesca di 2001: Odissea nello spazio: anziché le scimmie, ci sono delle bambine che giocano con bambole di pezza

“Poi compriamo la Barbie n. 46, vero, mamma?” dice intanto una bimba con un vestitino da mare, di cotone, naturalmente magenta (ha anche una treccina finta dello stesso colore). Solo dopo aver guardato la reazione della madre capisco che non si tratta di un numero a caso.

Le prime scene sono una parodia grottesca di 2001: Odissea nello spazio: anziché le scimmie, ci sono delle bambine che giocano con bambole di pezza. Sono sciatte, e il mondo nel quale abitano è primitivo, polveroso, così cheap. Il mutamento del loro destino non ruota attorno a un monolite nero come nel film del 1968 di Stanley Kubrick, ma all’arrivo improvviso di un gigantesco idolo in costume da bagno: gambe chilometriche e occhiolino pronto all’uso, è così che inizia l’era Barbie.

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