Questo articolo è originariamente apparso su Le Monde.

Il 7 ottobre, il pensiero si è fermato. Di fronte all’orrore dei massacri compiuti da Hamas e alla violenza della risposta israeliana, ogni sfumatura è stata cancellata; il mondo si è irrigidito in opposizioni binarie, bianco e nero, e i due campi si affrontano senza concessioni, in Francia, in Europa, negli Stati Uniti. È la guerra universale di coloro che vogliono schierarsi. Ci si dichiara pro-palestinesi o pro-israeliani, a scelta, e si argomenta di conseguenza, come automi, né più né meno. 

Eppure un fatto è certo: chiunque rivendichi l’appartenenza a uno dei due campi non ha capito nulla di quanto accade. Bisogna essere per il diritto dei palestinesi a disporre di un vero Stato, che possa prosperare, e per il diritto degli israeliani a vivere in pace e sicurezza nel loro Paese. Il problema è pensare le due cose insieme.   

Stiamo assistendo alla sconfitta del pensiero complesso propugnato da Edgar Morin, ossia un pensiero della contraddizione, una presa in conto delle ragioni e degli effetti, una distanza riflessiva coniugata a un’empatia universale. 

Ma la letteratura può aiutarci a pensare la complessità. «La poesia è più filosofica della storia» diceva Aristotele. La storia, in effetti, parla solo del particolare, mentre la finzione si fonda su modelli generali di comprensione. 

L’Iliade mantiene un equilibrio quasi perfetto tra gli avversari che si affrontano sotto le mura di Troia, gli achei e i troiani

Ciò è vero in particolare per quanto riguarda la letteratura greca antica, che ha sempre cercato di svelare il groviglio delle relazioni umane e l’intrico delle cause e degli effetti, rendendo difficile la determinazione univoca di un campo del bene opposto a quello del male. L’Iliade mantiene un equilibrio quasi perfetto tra gli avversari che si affrontano sotto le mura di Troia, gli achei e i troiani. La compassione del poeta e del lettore si volge alternativamente agli uni e agli altri. 

Hegel constatava questo pensiero della contraddizione, e dell’uguale legittimità di due ragioni opposte, nell’Antigone di Sofocle:

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