Contro la solitudine del Sinodo: Papa Francesco e la Chiesa globale

In Italia la Chiesa cattolica passa da sempre per essere una forza conservatrice in grado di influenzare pesantemente la vita politica del nostro paese. Il pontificato di Papa Francesco prova a cambiare le cose, scommettendo sull’idea di una Chiesa globale in cui l’Italia e l’Europa perdono definitivamente il loro storico ruolo. Il Sinodo dei vescovi che si è aperto a Roma in questi giorni è un evento importantissimo – come prova il fatto che se ne parla poco – e ha molto a che vedere con tutto ciò: è il modo in cui la nuova Chiesa prova a uscire dall’angolo per confrontarsi con la società contemporanea, affrontando questioni che potranno mutarne radicalmente non solo la struttura, ma anche l’identità.

Da quando esiste il papato, l’evocazione di una Chiesa sinodale ha sempre rappresentato uno spauracchio per il partito che puntava ad accentrare il potere ecclesiale nelle mani di un solo uomo come se la collegialità tradisse in qualche modo una scarsa coesione, eppure nei passaggi importanti della storia della Chiesa i Sinodi, così come i Concili, sono stati momenti dirimenti – si pensi solo al Concilio di Trento nella prima età moderna o al Concilio Vaticano II (1962-’65) cui pure si ispira l’attuale Sinodo dei vescovi. All’indomani del Vaticano II fu proprio Paolo VI, con il Motu Proprio Apostolica sollicitudo (1965), a istituire il Sinodo dei vescovi come luogo consultivo per affrontare i temi più importanti relativi alla Chiesa universale: «Una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare» come ha scritto Papa Francesco nel 2015.

Il Sinodo riafferma il ruolo delle Chiese Cattoliche Orientali. La Chiesa europea va sostituita da una Chiesa globale

Il Sinodo, dunque, non è una vera e propria novità ma, nel tempo, ha subito dei cambiamenti non solo dal punto di vista del diritto canonico ma anche da quello che potremmo definire politico-sociale.